
Nonostante se ne parli sempre meno, il processo verso l’accertamento di alcune verità in merito all’epoca Covid continua ad andare avanti, anche e soprattutto a livello giudiziario. La Corte di Cassazione ha infatti ribaltato il quadro che finora aveva escluso responsabilità penali per l’ex premier Conte, l’ex ministro Speranza e alti dirigenti. La Suprema Corte ha stabilito che l’epidemia colposa può configurarsi anche in caso di condotta omissiva, ovvero se chi aveva il dovere di agire per prevenire il contagio ha omesso di farlo. Si tratta di un cambio di rotta decisivo rispetto all’orientamento precedente, che aveva portato ad assoluzioni basate sull’idea che mancasse il dolo o che l’inazione non potesse essere perseguita. La sentenza nasce da un caso esaminato dal tribunale di Sassari, dove un dirigente sanitario era stato prosciolto dall’accusa di aver favorito il contagio tra gli operatori ospedalieri durante la pandemia. Tuttavia, la Cassazione ha ribaltato l’assoluzione, chiarendo che anche la mancata adozione di misure obbligatorie di protezione individuale può costituire reato. In particolare, si sottolinea l’obbligo per i dirigenti di formare adeguatamente il personale e di fornire i dispositivi di sicurezza.
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Perché questa sentenza può rappresentare una svolta
La frase chiave contenuta nella sentenza è: “Il delitto di epidemia colposa può essere integrato anche da una condotta omissiva”. Secondo Maurizio Belpietro, che commenta la novità su LaVerità, questo pronunciamento “spariglia la partita con i vertici delle istituzioni sanitarie e politiche che cinque anni fa non fecero ciò che era necessario per evitare il decesso di migliaia di italiani”. Infatti, se l’epidemia si è diffusa rapidamente e con effetti devastanti, non si può più sostenere che ciò sia accaduto per semplice imprevedibilità. Come osserva Belpietro: “Se hai la responsabilità di predisporre un piano pandemico per mettere al sicuro la popolazione dal contagio, non te la puoi cavare dicendo che non ti aspettavi che un’epidemia si diffondesse così rapidamente”. Questa nuova interpretazione potrebbe riaprire il confronto giudiziario anche nei confronti di chi, come l’ex premier Giuseppe Conte o l’ex ministro della Salute Roberto Speranza, durante l’emergenza sanitaria si è trovato a gestire la situazione senza un piano aggiornato. A Roma è ancora in corso l’inchiesta della Procura di Bergamo, e la decisione della Cassazione potrebbe influenzarne gli esiti.

Nel mirino finiscono in particolare due omissioni giudicate gravi dalla Corte: la mancata distribuzione tempestiva delle mascherine e l’assenza di formazione del personale sanitario. Come sottolinea l’associazione dei familiari delle vittime del Covid: “Erano azioni minime, ma cruciali per evitare migliaia di morti. Chi non ha agito, ne risponderà”. Il tema è tecnico, ma le implicazioni sono enormi. Per Belpietro, non si tratta di sofismi legali ma di responsabilità concrete: “Non c’è dolo, ma c’è colpa. E forse anche grave”. E aggiunge: “Salvo poi dire che quanto capitato non si poteva prevedere, certificando dunque la propria impreparazione. Alla luce della sentenza della Suprema Corte, si tratta di un’ammissione di colpa”.