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“Minacciata con la pistola!”. Terrore per la famosissima giornalista italiana: cosa è successo

Pubblicato: 01/08/2025 11:45
Lucia Goracci coloni israeliani

Un nuovo episodio di intimidazione contro la stampa internazionale si è verificato il 29 luglio nel sud della Cisgiordania, durante una diretta televisiva. La giornalista del Tg3 Lucia Goracci e il suo operatore Ivo Bonato sono stati ostacolati e minacciati da un colono israeliano mentre si trovavano nelle vicinanze del villaggio palestinese di Umm al Kheir, non lontano dall’insediamento ebraico di Carmel, nelle colline a sud di Hebron.
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L’episodio, che solleva nuovamente preoccupazioni sulla libertà di stampa nei territori occupati, si è consumato mentre la troupe stava raccontando l’uccisione del palestinese Awdah Athaleen, avvenuta per mano del colono Ynon Levi, già noto alle autorità per episodi simili e mai perseguito.

Una diretta sotto minaccia

Ci sono dei coloni che stanno cercando di impedirci di fare questa diretta, per ora solo usando i clacson”, afferma Lucia Goracci mentre è in collegamento davanti alla telecamera. Ma la situazione si è fatta rapidamente più tesa. La giornalista ha raccontato a La Repubblica che uno dei coloni ha bloccato con un pick-up la via di uscita, si è avvicinato in modo minaccioso e ha iniziato a sgommare a pochi metri dalla troupe, con l’arma visibile nella fondina. Il tutto è avvenuto in un’area isolata, lontana dagli occhi dei presenti nel villaggio.

“Sulla strada, ormai soli fuori dal villaggio, durante una diretta siamo stati affrontati da un colono. Ci ha fotografato, ha verificato chi fossimo e ha cominciato a dirmi: ‘Tu sei appena stata nel villaggio palestinese’. Lui ci ha chiuso la via d’uscita con il suo pick-up. Ha cominciato a sgommare. Alla fondina aveva una pistola”, ha dichiarato Goracci.

Il colono ha poi intimato alla giornalista di lasciare la zona, apostrofandola con le parole: “Liar, friend of Filastin”“Bugiarda, amica dei palestinesi” –, a conferma di una tensione ormai diffusa verso chiunque documenti le condizioni della popolazione palestinese in Cisgiordania.

La denuncia di un clima sempre più ostile

Il servizio che la troupe stava realizzando si concentrava sull’omicidio di Awdah Athaleen, abitante di Umm al Kheir, da parte di Ynon Levi, uno dei coloni più controversi della zona, al centro di denunce internazionali per violenze ma mai perseguito penalmente. Il caso rientra nel quadro di una crescente impunità di cui godono molti coloni israeliani nelle zone occupate, soprattutto nelle aree rurali della Cisgiordania meridionale.

L’intimidazione subita da Goracci avviene in un contesto in cui le aggressioni contro giornalisti, sia locali che internazionali, sono in aumento. Documentare ciò che accade nei villaggi palestinesi comporta rischi crescenti, anche per professionisti riconosciuti a livello internazionale.

Un episodio emblematico del conflitto

La testimonianza di Lucia Goracci rappresenta uno spaccato significativo del clima che si respira nei territori palestinesi occupati, dove l’azione giornalistica viene spesso ostacolata, soprattutto quando si toccano temi come gli abusi dei coloni o l’espansione degli insediamenti israeliani. La presenza della troupe del Tg3 in una zona ad alta tensione come Umm al Kheir non è stata tollerata da alcuni coloni, che hanno reagito con ostilità crescente e comportamenti intimidatori.

Non si è trattato di un confronto verbale isolato, ma di una vera e propria messa in pericolo fisica per una troupe impegnata in un servizio giornalistico di cronaca. Il fatto che il colono avesse una pistola alla fondina e bloccasse deliberatamente la fuga della giornalista e dell’operatore lascia pochi dubbi sulla gravità dell’accaduto.

Un segnale d’allarme per la libertà d’informazione

L’episodio rilancia il tema della protezione dei giornalisti nei contesti di conflitto, già ampiamente discusso dalle organizzazioni internazionali per i diritti umani. In Cisgiordania, sempre più spesso, i reporter vengono visti come testimoni scomodi da chi esercita violenza o da chi intende impedire la diffusione di immagini e testimonianze.

L’azione del colono – fotografare la troupe, bloccarla, avvicinarsi armato – costituisce una forma di intimidazione sistematica, che minaccia non solo la sicurezza dei giornalisti, ma anche il diritto del pubblico a essere informato su quanto accade nei territori contesi.

Lucia Goracci, nota per il suo approccio rigoroso e indipendente al giornalismo, ha spesso raccontato situazioni complesse da zone di guerra o territori in tensione. Questo episodio rafforza la necessità di meccanismi di tutela più stringenti per i cronisti sul campo, in particolare nei contesti dove la presenza militare e civile armata rende fragile ogni garanzia di sicurezza.

Una cronaca che non si può fermare

La violenza e l’intimidazione non hanno impedito a Goracci e al suo operatore di proseguire il lavoro di documentazione. La diretta è andata comunque in onda, e il servizio ha raccontato la storia di Awdah Athaleen e l’ambiente in cui si è consumata la sua morte. Una testimonianza importante, nonostante il tentativo di silenziarla con la minaccia.

Questo episodio evidenzia, ancora una volta, l’importanza del giornalismo sul campo, capace di portare alla luce le dinamiche di potere e di violenza spesso ignorate o nascoste. In Cisgiordania, come altrove, il diritto a raccontare resta essenziale, anche quando farlo comporta rischi concreti.

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