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“La cena non è pronta?”. Poi il veleno e i colpi d’ascia: Alessandro ucciso così da madre e fidanzata

Pubblicato: 01/08/2025 09:21

Un bidone nascosto in casa, i resti del corpo coperti dalla calce viva per tentare di attenuare l’odore della decomposizione. È stato questo il ritrovamento shock dei carabinieri di Gemona del Friuli, dopo una chiamata al numero unico di emergenza. A guidarli al contenitore sono state proprio le due donne che hanno confessato l’omicidio di Alessandro Venier, 35 anni: la madre, Lorena Venier, 62 anni, e la compagna, la 31enne colombiana Marylin Castro Monsalvo.

Le due donne si sono autoaccusate del delitto, ma i contorni della vicenda restano ancora oscuri. Sul posto sono intervenuti anche gli operatori dei servizi sociali: la figlia della coppia, una bambina di sei mesi, è già stata affidata a una struttura protetta. La dinamica dell’uccisione e il movente che avrebbe spinto madre e compagna ad agire con tanta ferocia non sono ancora chiari. I vicini parlano di una famiglia tranquilla, senza litigi evidenti.

L’omicidio è avvenuto nella casa in cui vivevano tutti e tre, a Gemona del Friuli, in provincia di Udine. Secondo le prime ricostruzioni, l’uomo sarebbe stato ucciso e poi fatto a pezzi con un’ascia. La calce è stata usata, probabilmente, nel tentativo di rallentare la decomposizione. Al momento le indagate si trovano nel carcere di Trieste, in attesa dell’interrogatorio formale da parte del magistrato di turno, Giorgio Milillo.

Secondo quanto riferisce Il Messaggero, nessuna stanza dell’abitazione mostra segni evidenti di colluttazione. Non è chiaro dove sia avvenuta l’aggressione. Saranno quindi cruciali gli esami tossicologici sul corpo per stabilire se Alessandro possa essere stato sedato o avvelenato prima dell’omicidio. La sostituta procuratrice di Udine, Elena Danelon, ha invitato alla cautela: «Per ora si tratta solo di ipotesi, nulla può essere confermato finché non ascoltiamo le due donne».

La figura di Lorena Venier è descritta da chi la conosceva come quella di una vicina gentile e riservata. Ex infermiera, si era trasferita a Gemona anni fa da Padova. «Ci portava le uova, mai un litigio, sembravano persone normali», ha dichiarato un militare che abita di fronte. Anche Marylin, originaria della Colombia, risultava disoccupata ma con esperienza come operatrice socio-sanitaria. La coppia non sembrava destare sospetti particolari nel vicinato.

Alessandro Venier aveva avuto una vita complessa: cresciuto senza padre – un uomo di origini egiziane che non lo ha mai riconosciuto – e senza un lavoro stabile, alternava la passione per lo sport e il trekking a momenti difficili, legati a problemi di alcol e droga. Si ipotizza che stesse pensando di tornare in Colombia, il paese dove aveva conosciuto Marylin. Un desiderio che, secondo alcune ricostruzioni, avrebbe potuto creare tensioni nella coppia.

Tra le ipotesi al vaglio degli inquirenti, anche quella di una lite familiare degenerata in tragedia. Secondo una versione riportata da Il Corriere della Sera, il movente scatenante potrebbe essere stato un banale rifiuto di Alessandro: quello di apparecchiare la tavola, venerdì sera, giorno in cui è stato visto per l’ultima volta. Un gesto minimo, forse insignificante, ma che potrebbe aver innescato la furia.

In questo momento le indagini puntano a ricostruire nel dettaglio le ultime ore di vita dell’uomo, anche grazie a rilievi scientifici, testimonianze e analisi telefoniche. Gli inquirenti vogliono comprendere se l’omicidio sia stato premeditato o il frutto di un gesto impulsivo. L’orrore però resta, in un contesto domestico dove nulla – fino a oggi – aveva lasciato presagire una tale esplosione di violenza.

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