
Si è spento a 86 anni il grande pilota che negli anni Sessanta ha segnato profondamente il panorama del Motomondiale, distinguendosi per talento e risultati di rilievo. La sua vita è stata un susseguirsi di sfide, sia sulle piste che fuori, rappresentando un esempio di coraggio e trasformazione personale che ha ispirato molti.
La passione per le due ruote lo ha accompagnato per tutta la vita, attraversando momenti di gloria e difficoltà. Dopo aver lasciato le corse, ha intrapreso un percorso di cambiamento radicale che lo ha portato a essere un punto di riferimento anche fuori dal mondo sportivo, grazie alla sua autenticità e alla capacità di reinventarsi.
La carriera e i traguardi

Prima del cambio di sesso, Michelle Duff era conosciuto come Mike Duff, pilota canadese che aveva iniziato a correre a livello nazionale nel 1957, approdando al Motomondiale nel 1961. La sua carriera si caratterizzò per la costanza e i risultati di rilievo: tra i momenti più importanti la prima vittoria mondiale nella classe 250 a Spa nel 1964, dove stabilì un nuovo record di velocità per la categoria.
Il 1965 fu la stagione più brillante, con vittorie nella 125 ad Assen e nella 250 in Finlandia e il titolo di vicecampione del mondo nella 250, dietro al compagno di squadra Phil Read. Nel complesso, Mike ottenne tre vittorie iridate e ventiquattro podi, confermandosi un pilota di alto livello fino al ritiro nel 1969.
La seconda vita di Michelle e il coraggio della trasformazione
Dopo la fine della carriera agonistica e due matrimoni falliti, nel 1987 Mike Duff divenne Michelle, iniziando un percorso di vita che l’ha portata a scrivere libri e a partecipare a eventi dedicati alle moto d’epoca. La sua autobiografia The Mike Duff Story: Make Haste Slowly racconta in modo sincero il suo viaggio personale e sportivo.
Michelle continuò a guidare fino al 2008, quando una caduta a Spa le causò gravi infortuni che ne segnarono il definitivo addio alle corse. Alla domanda se avrebbe voluto essere donna da giovane, rispondeva di no, perché solo vivendo come Mike aveva potuto realizzare il sogno di pilota. La sua morte chiude un capitolo importante della storia del motociclismo e di una vita vissuta con coraggio e passione.