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Trump, bastonata tremenda: colpisce la Svizzera con dazi pesantissimi, ecco perché

Pubblicato: 01/08/2025 15:26

Nel pieno delle polemiche per l’arrendevolezza di Ursula von der Leyen davanti all’ennesimo colpo di mano di Donald Trump, l’Unione Europea cerca di mascherare l’imbarazzo. La Presidente della Commissione ha incassato un accordo commerciale che ha sollevato più dubbi che consensi, lasciando sul campo partner come la Svizzera, colpita da una stangata del 39% sui dazi per i prodotti farmaceutici. Un regalo velenoso recapitato proprio il 1° agosto, data simbolo per la Confederazione elvetica.

Dazi Usa, festa rovinata per la Svizzera

Karin Keller-Sutter, Presidente della Confederazione, solo pochi giorni fa si chiedeva perché Trump tardasse a colpire anche Berna, dopo aver già stretto il cappio su Ue, Canada e India. “Siamo nelle mani di Trump”, aveva detto con tono amaro. La risposta del tycoon è arrivata con chirurgica precisione: annuncio dei dazi proprio nel giorno della festa nazionale svizzera, mentre la Presidente era impegnata nel tradizionale discorso sul Prato del Grütli, culla storica dell’identità elvetica.

Il colpo inferto da Trump pesa tremendamente: tariffe al 39%, più del doppio rispetto al 15% imposto all’Unione Europea, superiori persino al 29% per il Canada e al 31% inizialmente ventilato per la stessa Svizzera. Un livello di penalizzazione vicino a quello inflitto al Brasile, accusato apertamente da Washington di persecuzione politica ai danni di Bolsonaro, amico personale dell’ex presidente USA.

Un paese sempre allineato con Washington

Eppure, Berna non ha mai mostrato segni di ostilità verso Washington. Anzi, spesso ha agito con prudenza calcolata: l’adesione alle sanzioni contro Mosca dopo l’invasione dell’Ucraina, la vicinanza agli Usa nelle scelte di difesa (vedi l’acquisto degli F-35 al posto dei Rafale francesi), la reticenza nel condannare l’azione israeliana a Gaza. A livello politico, il partito di maggioranza elvetico, l’UDC, è in fondo una versione alpina del trumpismo.

Anche i tentativi diplomatici non sono mancati: una delegazione svizzera ha visitato gli Stati Uniti per provare a negoziare, la stessa Keller-Sutter ha parlato direttamente con Trump. Ma le trattative si sono infrante contro il muro dell’America First versione 2.0: i dazi sono passati dal 31% al 39%, senza appello.

I veri motivi dietro la rappresaglia

Il gesto di Trump ha una logica precisa, spiegata con lucidità da Sergio Rossi, economista dell’Università di Friburgo: “I dazi al 39% sono un tentativo di spingere le aziende farmaceutiche svizzere a ridurre i prezzi negli Usa, dove pesano su consumatori e sistema sanitario”. Ma non solo: la vendetta americana ha radici anche nella finanza. E ovviamente l’operato di Trump è un assist per Big Pharma, la cui ombra si staglia prepotentemente dietro questa decisione.

Dopo il crollo del Credit Suisse nel 2023, le banche elvetiche – UBS in primis – hanno cominciato a disimpegnarsi dal mercato statunitense, virando verso piazze asiatiche. Una fuga di capitali che ha indebolito il dollaro e aggravato la pressione sull’inflazione USA, oltre che sul debito federale. In altre parole, colpendo banche e farmaceutica, Trump ha mirato al cuore dell’economia svizzera: nessun alleato è al sicuro se non rispetta le regole del suo gioco.

Borsa svizzera sotto osservazione

Ora la palla passa ai mercati: lunedì si capirà quanto forte sarà l’impatto sulla borsa di Zurigo. Intanto, la Svizzera ha incassato lo schiaffo in silenzio, in un clima surreale. Di certo, non è bastato il richiamo all’unità nazionale dal Prato del Grütli per scaldare gli animi. E no, nemmeno costruire un campo da golf per Trump tra i monti svizzeri basterebbe, oggi, per rabbonirlo.

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