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“Trump ha firmato nella notte”. Entrano in vigore i dazi, le conseguenze per l’Europa

Pubblicato: 01/08/2025 07:44

Con un ordine esecutivo firmato nella notte, Donald Trump ha annunciato una radicale revisione dei dazi commerciali imposti dagli Stati Uniti, colpendo più di 70 Paesi con tariffe comprese tra il 10% e il 41%, a partire dal 7 agosto. Una mossa che, secondo la Casa Bianca, punta a “modificare i dazi reciproci” e riequilibrare una bilancia commerciale che continua a essere giudicata svantaggiosa per l’America.

Tra le tariffe più alte spicca quella destinata al Canada, che passa dal 25% al 35%, e arriva al 40% per i beni sospettati di evasione doganale. «È una risposta alle continue mancanze di azione e rappresaglie da parte di Ottawa», ha spiegato la Casa Bianca. Il clima si è ulteriormente irrigidito dopo le dichiarazioni del premier canadese Mark Carney favorevoli al riconoscimento della Palestina: Trump ha scritto su Truth Social che sarà «molto difficile fare un accordo commerciale con loro» dopo tali posizioni.

Anche l’India viene colpita duramente, con un dazio del 25%. Secondo l’amministrazione americana, New Delhi ha rifiutato di aprire il suo settore agricolo al commercio con gli Stati Uniti, oltre a continuare a importare petrolio russo. Trump non ha usato mezzi termini sui social: «Non mi importa quello che l’India fa con la Russia. Possono far crollare insieme le loro economie morte, per quanto mi riguarda».

Non sono sfuggiti all’ordine esecutivo nemmeno Paesi considerati tradizionalmente neutrali o alleati. La Svizzera subisce una tariffa del 39% nonostante avesse tentato un’ultima mediazione con una proposta inviata settimane fa. Seguono il Sudafrica con il 30%, Israele e Turchia con il 15%, e una lunga lista di Paesi africani e sudamericani come Lesotho, Venezuela, Camerun e Ciad, penalizzati con tariffe standard del 15% in assenza di uno squilibrio significativo nella bilancia commerciale.

L’Unione Europea si vede confermare il dazio del 15%, considerato “il più impattante della storia” secondo la portavoce della Casa Bianca Karoline Leavitt, che ha affermato di essere stata presente durante i negoziati tra Trump e Ursula von der Leyen avvenuti in Scozia. Secondo Leavitt, Trump avrebbe “spremuto il succo quanto più possibile”, alludendo a una trattativa serrata. Intanto, molti leader stranieri continuano a cercare esenzioni contattando direttamente la Casa Bianca con nuove proposte.

L’effetto delle misure si è già fatto sentire: l’indice dei prezzi delle spese per consumi personali – un parametro chiave per la Federal Reserve – è salito al 2,6% a giugno, dal 2,4% del mese precedente. Trump ha finora evitato impatti gravi sull’economia, ma la questione legale resta aperta. I giudici della corte d’appello federale hanno espresso dubbi sulla legittimità costituzionale dell’uso dell’International Emergency Power Act per imporre dazi, osservando che la legge non menziona esplicitamente le tariffe.

Nonostante l’ondata protezionistica, ci sono state alcune eccezioni. Il Messico ha ottenuto una proroga di 90 giorni grazie a un accordo tra Trump e la presidente Claudia Sheinbaum. Restano i dazi del 25% sulle auto e del 50% sui metalli, ma vengono rinviati quelli al 30% su altri prodotti coperti dal vecchio accordo Nafta. La Corea del Sud ha accettato un dazio del 15% su tutti i beni, in cambio di un impegno da 350 miliardi di dollari in investimenti su progetti scelti direttamente da Trump.

Tra i più penalizzati figura il Brasile, colpito da dazi al 50% – esclusi solo aerei, energia e succo d’arancia – e da sanzioni mirate contro un giudice della Corte Suprema coinvolto in un’inchiesta sull’ex presidente Bolsonaro. Il Segretario al Tesoro Scott Bessent ha dichiarato in TV che nonostante l’entrata in vigore dei dazi, «c’è ancora spazio per negoziare» per i Paesi che non sono riusciti a raggiungere un’intesa in tempo.

In parallelo, la Casa Bianca ha inviato una lettera a 17 aziende farmaceutiche americane, imponendo entro 60 giorni una riduzione dei prezzi dei medicinali, definiti «fino a tre volte più alti che in qualsiasi altro Paese». Un messaggio chiaro: la nuova dottrina economica di Trump punta alla massima pressione, dentro e fuori i confini nazionali, per rilanciare la sua visione di un’America più forte e meno dipendente dalle importazioni straniere.

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