
Gli Stati Uniti hanno annunciato l’entrata in vigore di nuovi dazi al 15% su alcune importazioni a partire dall’8 agosto, ma per il momento non coinvolgeranno le automobili né i componenti automobilistici. L’ordine esecutivo firmato dalla Casa Bianca non recepisce ancora tutti gli aspetti dell’accordo raggiunto con l’Unione europea, in particolare la riduzione delle tariffe Usa alla Sezione 232, che dovevano stabilizzarsi al massimo al 15% anche per il settore auto. Restano inoltre sospese le misure concordate per prodotti considerati strategici, come gli aeromobili.
Per le merci già in transito o immagazzinate prima dell’8 agosto, si continueranno ad applicare le tariffe precedenti, ovvero una somma del 10% più l’aliquota della Nazione più favorita, fino al 5 ottobre 2025. Questo slittamento punta a evitare impatti immediati e disorganizzazione nelle catene di approvvigionamento, ma lascia in sospeso molti nodi del rapporto commerciale transatlantico.
Borse europee e Wall street in rosso, euro ai minimi da inizio giugno

L’annuncio dei dazi ha pesato immediatamente sui mercati finanziari. Wall Street ha aperto in forte calo con il Dow Jones che perde l’1,19%, il Nasdaq l’1,34% e l’S&P 500 l’1,08%, risentendo anche di dati sul mercato del lavoro americano inferiori alle attese. La debolezza si è trasferita anche sui listini europei, con Milano che ha perso il 2,53%, Francoforte il 2,45% e Parigi addirittura il 2,83%, penalizzata da crolli di titoli come Axa e Teleperformance.
L’euro è sceso sotto la soglia di 1,14 dollari, raggiungendo i livelli più bassi da inizio giugno, mentre il franco svizzero è stato uno dei peggiori tra le valute G10, risentendo del pesante dazio del 39% imposto dagli Usa alla Svizzera, una misura che ha colpito duramente il paese elvetico e creato un vero e proprio «stato di shock» nel governo.
Tensioni commerciali e ripercussioni economiche

L’aumento delle tariffe ha innescato un clima di incertezza per le prospettive economiche. L’Ufficio parlamentare di bilancio in Italia ha rivisto al ribasso le stime di crescita per il 2025 e il 2026, ora previste allo 0,5%, segnalando come i rischi si concentrino sulle tensioni protezionistiche e sulle possibili difficoltà nell’attuazione del Pnrr. Le ripercussioni del nuovo regime tariffario Usa sull’economia globale e sugli scambi internazionali rimangono una variabile da monitorare con attenzione nei prossimi mesi.
Le tensioni tra Washington e i principali partner commerciali rischiano di inasprirsi ulteriormente se non si troveranno rapidamente soluzioni condivise, soprattutto per quei settori più esposti come l’automotive e l’aerospaziale, attualmente esclusi ma in attesa di definizioni più precise. Intanto gli investitori guardano con preoccupazione all’evoluzione dei rapporti transatlantici, condizionando fortemente l’andamento dei mercati finanziari e delle valute.