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Quel dna mai rilevato: il mistero che dopo 18 anni accende ancora Garlasco

Pubblicato: 02/08/2025 09:03

Il caso Garlasco torna a far parlare di sé, portando sotto i riflettori un enigma che, dopo diciotto anni, resta ancora irrisolto: quel dna fantasma che nessuno ha mai visto negli atti ufficiali. Un dettaglio che oggi stuzzica la curiosità e riaccende le discussioni tra chi segue con passione le cronache giudiziarie e chi cerca le verità nascoste dietro ai grandi casi italiani.

La giornalista Rita Cavallaro, ormai vera insider della vicenda, rilancia l’attenzione su questo elemento dimenticato. In uno degli ultimi reportage su L’identità, Cavallaro scrive: “Nel delitto di Garlasco spunta dal passato un Dna fantasma”. Si tratta di un profilo genetico mai ufficializzato, ma citato più volte nella stampa dei primi di settembre 2007.

Un dettaglio che fa la differenza

Secondo quanto riportato all’epoca, il codice genetico sarebbe stato estratto dal sudore mescolato al sangue sulle impronte lasciate dall’aggressore sul pigiama della vittima. Giornali nazionali come Il Giornale scrivevano il 4 settembre 2007:
«Sul tessuto è rimasta impressa un’impronta mentre, mischiato alla sostanza ematica, c’era il sudore del killer, che è stato possibile isolare, risalendo al suo Dna».

Quella notizia, rimasta nell’ombra per anni, oggi torna protagonista e non smette di incuriosire. Cavallaro sottolinea: «l’indiscrezione dell’epoca non è del tutto fuori dalla realtà, visto che la nuova inchiesta ha portato alla luce la circostanza, inquietante, che la palmare insanguinata del killer era sopravvissuta al maldestro ribaltamento del cadavere».

Il fascino segreto della palmare 33

La famosa impronta “palmare 33”, oggi collegata ad Andrea Sempio, nel 2007 era già considerata «la firma dell’assassino». Esiste una fotografia, datata 28 novembre 2014 e custodita dal sostituto procuratore generale Laura Barbaini, che la conferma e fu mostrata ai giudici dell’Appello bis che portarono alla condanna di Stasi.

Dna e misteri, domande che non passano mai di moda

Nonostante la sua importanza, quell’impronta non trova spazio nella relazione dattiloscopica del Ris. E lo stesso vale per il presunto dna estratto dal sudore, mai ufficialmente archiviato. Una doppia assenza che oggi lascia spazio a nuove domande e alimenta il fascino del mistero. «Com’è possibile, allora, che i giornalisti dell’epoca parlassero della fantomatica estrazione di Dna da quella traccia?» si chiede Cavallaro. E ancora: «Qualcuno avrebbe spifferato a un cronista la presunta scoperta dei Ris, che se fosse stata riconducibile ad Alberto Stasi avrebbe chiuso il cerchio sull’ipotesi del fidanzato assassino».

Il cerchio, però, resta aperto. Ogni nuovo dettaglio riemerso dal passato può cambiare ancora una volta la percezione di uno dei misteri giudiziari più discussi. Per ora, il dna mai rilevato resta il simbolo di una verità che sfugge, ma che continua ad appassionare e dividere l’opinione pubblica.

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