
La terra continua a muoversi in diverse aree del pianeta, mettendo alla prova l’equilibrio geologico e la capacità delle comunità di affrontare eventi naturali improvvisi. Le scosse sismiche, spesso imprevedibili, rappresentano un fenomeno con cui interi Paesi devono fare i conti con frequenza, a causa della loro posizione lungo le grandi faglie tettoniche.
Quando l’energia accumulata nel sottosuolo viene rilasciata improvvisamente, il risultato può essere devastante, anche se l’intensità e la profondità dell’evento determinano in larga parte l’impatto percepito in superficie. Gli strumenti di rilevazione oggi consentono un monitoraggio costante, ma la natura resta imprevedibile e potente.
Scossa registrata poco fa

Nella notte tra venerdì e sabato, una scossa di terremoto di magnitudo 5.4 è stata registrata nella zona meridionale del Messico, con epicentro individuato nei pressi di San Juan Petlapa, nello stato di Oaxaca. L’evento è stato rilevato alle 01:00 ora locale, corrispondente alle 19:58 italiane, e si è verificato a una profondità di circa 59 chilometri.
Secondo i dati diffusi dal Centro Comune di Ricerca della Commissione Europea (GDACS), il terremoto ha avuto una portata intermedia, con una magnitudo che ha consentito alla scossa di essere percepita in un’area estesa, ma senza provocare – almeno per ora – danni strutturali rilevanti o feriti. Le autorità locali hanno comunque attivato i controlli di routine.
La regione è altamente sismica, come anche l’Italia
Il Messico si trova in una zona particolarmente attiva dal punto di vista tettonico, interessata dal movimento delle placche oceaniche e continentali. Questo lo rende uno dei Paesi più esposti al rischio sismico, al pari di altre regioni del mondo dove le faglie sono numerose e ancora attive.
Anche l’Italia rientra tra le aree geologicamente instabili. Le faglie generate dall’orogenesi alpina e appenninica, rispettivamente 100 e 20 milioni di anni fa, continuano ad accumulare energia che viene ciclicamente rilasciata sotto forma di terremoti. Le zone più esposte sono quelle dell’Appennino centro-meridionale e le aree alpine orientali, dove il rischio resta elevato.