
Quella che doveva essere un’escursione pianificata con cura, si è trasformata in una drammatica lotta per la sopravvivenza. Due alpinisti esperti si sono ritrovati bloccati a oltre 4.000 metri, al freddo e al buio, tra neve, ghiaccio e temperature estreme. Hanno resistito per ore senza cibo né acqua, sorretti solo dalla loro esperienza e dalla forza di volontà. La loro vicenda è diventata simbolo del coraggio e dell’efficienza del sistema di soccorso in alta quota.
Bloccati a 4.000 metri: il racconto di Mauro Pratesi e Filippo Belloni
I protagonisti di questa drammatica esperienza sono Mauro Pratesi, 73 anni, e Filippo Belloni, 53, entrambi appassionati di alpinismo. Lo scorso 26 luglio avevano raggiunto il bivacco Resegotti, punto di partenza per la salita verso la Capanna Margherita, sul Monte Rosa. Il giorno successivo, alle 5 del mattino, erano ripartiti, con l’obiettivo di concludere l’ascesa nel primo pomeriggio.

Ma le condizioni meteorologiche sono peggiorate rapidamente. Alle 18 è iniziata una fitta nevicata e, poco dopo le 21, il buio e il ghiaccio hanno reso impossibile proseguire. “La roccia era completamente verglassata”, hanno raccontato, decidendo così di fermarsi e chiedere aiuto.
Attesa estenuante e temperature glaciali
Le ore successive sono state un inferno. “L’acqua nelle bottiglie si è congelata, non abbiamo mangiato né bevuto, il freddo era insopportabile”, ha spiegato Pratesi, ex medico fiorentino. “Avevo freddo, ma non sonnolenza. Era il primo stadio di ipotermia”. La temperatura è scesa a -15 gradi, e la paura ha preso il sopravvento. “Se passiamo un’altra notte qui, moriamo”, ha confidato a Belloni in uno dei momenti più critici.
Il salvataggio e la riconoscenza per i soccorritori
Solo dopo lunghe ore di attesa sono arrivati gli uomini del Soccorso Alpino, che hanno recuperato i due escursionisti in due fasi. Pratesi è stato il primo a essere portato in salvo, seguito poco dopo da Belloni, trasportato in ospedale con l’elicottero.
Il loro ringraziamento per i soccorritori è commosso: “Erano tantissimi, sorridenti, empatici e professionali. Ogni gesto era perfettamente coordinato”. I due alpinisti sottolineano l’importanza della cosiddetta “catena della sopravvivenza”, composta da ogni anello che ha funzionato alla perfezione: dal 112 fino all’ospedale di Borgosesia. “Un’eccellenza italiana di cui essere orgogliosi”, concludono.
Quella che doveva essere un’escursione pianificata con cura, si è trasformata in una drammatica lotta per la sopravvivenza. Due alpinisti esperti si sono ritrovati bloccati a oltre 4.000 metri, al freddo e al buio, tra neve, ghiaccio e temperature estreme. Hanno resistito per ore senza cibo né acqua, sorretti solo dalla loro esperienza e dalla forza di volontà. La loro vicenda è diventata simbolo del coraggio e dell’efficienza del sistema di soccorso in alta quota.
Bloccati a 4.000 metri: il racconto di Mauro Pratesi e Filippo Belloni
I protagonisti di questa drammatica esperienza sono Mauro Pratesi, 73 anni, e Filippo Belloni, 53, entrambi appassionati di alpinismo. Lo scorso 26 luglio avevano raggiunto il bivacco Resegotti, punto di partenza per la salita verso la Capanna Margherita, sul Monte Rosa. Il giorno successivo, alle 5 del mattino, erano ripartiti, con l’obiettivo di concludere l’ascesa nel primo pomeriggio.
Ma le condizioni meteorologiche sono peggiorate rapidamente. Alle 18 è iniziata una fitta nevicata e, poco dopo le 21, il buio e il ghiaccio hanno reso impossibile proseguire. “La roccia era completamente verglassata”, hanno raccontato, decidendo così di fermarsi e chiedere aiuto.
Attesa estenuante e temperature glaciali
Le ore successive sono state un inferno. “L’acqua nelle bottiglie si è congelata, non abbiamo mangiato né bevuto, il freddo era insopportabile”, ha spiegato Pratesi, ex medico fiorentino. “Avevo freddo, ma non sonnolenza. Era il primo stadio di ipotermia”. La temperatura è scesa a -15 gradi, e la paura ha preso il sopravvento. “Se passiamo un’altra notte qui, moriamo”, ha confidato a Belloni in uno dei momenti più critici.
Il salvataggio e la riconoscenza per i soccorritori
Solo dopo lunghe ore di attesa sono arrivati gli uomini del Soccorso Alpino, che hanno recuperato i due escursionisti in due fasi. Pratesi è stato il primo a essere portato in salvo, seguito poco dopo da Belloni, trasportato in ospedale con l’elicottero.
Il loro ringraziamento per i soccorritori è commosso: “Erano tantissimi, sorridenti, empatici e professionali. Ogni gesto era perfettamente coordinato”. I due alpinisti sottolineano l’importanza della cosiddetta “catena della sopravvivenza”, composta da ogni anello che ha funzionato alla perfezione: dal 112 fino all’ospedale di Borgosesia. “Un’eccellenza italiana di cui essere orgogliosi”, concludono.