
Un milione di ragazzi da 146 Paesi, accampati nella grande spianata di Tor Vergata, hanno ascoltato le parole intense e visionarie di Papa Leone XIV, al termine del Giubileo dei Giovani. È stato un messaggio che ha unito spiritualità, responsabilità civile e speranza, scandito dalla consapevolezza che i giovani rappresentano non solo il futuro, ma il presente della Chiesa e dell’umanità.
Il pontefice ha preso la parola al termine della messa domenicale, accolta da un silenzio carico di emozione dopo una notte passata sotto le stelle ai piedi dei Castelli romani. «Buongiorno a tutti, buona domenica!», ha esordito Leone XIV, sorridente, parlando in più lingue e incoraggiando i presenti: «Spero che abbiate riposato un po’. Tra poco inizieremo la celebrazione dell’Eucaristia, il dono più grande che Cristo ci ha lasciato: la sua presenza reale». Un invito a vivere la fede come cammino e incontro, non come abitudine.
Nel cuore della sua omelia, l’inquietudine come segno di vita. «Se siete assetati, non siete malati: siete vivi!», ha ricordato citando Papa Francesco alla GMG di Lisbona. Leone XIV ha invitato i giovani a non accontentarsi, ad “affacciarsi alla finestra dell’incontro con Dio”, a cercare “quel di più” che dà senso all’esistenza. «Non spegniamo la nostra sete con surrogati inefficaci», ha detto, rilanciando il messaggio di Sant’Agostino: “Il nostro cuore è inquieto finché non riposa in te”.
Il Papa ha posto al centro la fragilità umana come possibilità di rinascita. Non una condanna, ma una condizione feconda: «Siamo fatti per un’esistenza che si rigenera nel dono, nell’amore. La pienezza della vita non dipende da ciò che possediamo, ma da ciò che con gioia sappiamo accogliere e condividere». Parole che risuonano come un’alternativa al consumo compulsivo, all’egocentrismo sociale: «Comprare, ammassare, consumare non basta».
Il messaggio si fa invito all’azione: «Tornando nei vostri Paesi, contagiate chi incontrate con il vostro entusiasmo», ha detto Leone XIV. «Fate cose grandi e non accontentatevi», indicando come modelli Pier Giorgio Frassati e Carlo Acutis, giovani prossimi alla canonizzazione. Due esempi concreti di una santità accessibile e vicina, “fatta di vita quotidiana e amore autentico”.
L’evento è stato anche occasione per una riflessione globale. Prima dell’Angelus, il Papa ha ricordato le vittime della guerra: «Siamo con i ragazzi di Gaza, dell’Ucraina e di ogni terra insanguinata», ha detto in inglese. Poi un pensiero commosso per due giovani pellegrine, Maria e Pascal, una spagnola e una egiziana, morte nei giorni del raduno: «Vi ringrazio ad uno ad uno, ma oggi il mio cuore va anche a loro».
Lo scenario, tra spiritualità e organizzazione imponente, è stato sorvegliato costantemente dalle autorità italiane. Il segnale video aereo è stato garantito da un elicottero della Polizia di Stato, mentre il deflusso dei gruppi è stato coordinato dalla questura di Roma, con assistenza alla metro e nei punti di uscita.
Infine, Leone XIV ha affidato ai giovani una missione chiara: «Abbiamo bisogno di alzare gli occhi alle cose di lassù, di costruire un mondo in cui dominino la carità, la tenerezza, il perdono e la pace, come quelli di Cristo. Non inganniamo il nostro cuore: quella sete che sentite, è un dono. Fatene una scala, un trampolino, uno slancio verso Dio».