
Il caso Almasri ha sollevato un acceso dibattito politico e giudiziario, coinvolgendo alcuni tra i più alti livelli dell’esecutivo italiano. Vicende di questo tipo mettono spesso a dura prova la capacità delle istituzioni di mantenere trasparenza e responsabilità nelle decisioni che riguardano la sicurezza nazionale e l’azione governativa. Il riflesso mediatico e le fughe di notizie, che caratterizzano indagini così delicate, contribuiscono a creare un clima di tensione e sospetto che può influenzare l’opinione pubblica e complicare i rapporti interni al governo.
Inoltre, la gestione di vicende che coinvolgono segreti di Stato e intelligence richiede un equilibrio molto delicato tra la necessità di tutela della sicurezza e il rispetto delle norme giuridiche. In questo contesto, emergono questioni fondamentali relative alla catena di responsabilità e alla condivisione delle decisioni tra i vari organi istituzionali. Proprio questi aspetti sono al centro delle indagini e dei successivi pronunciamenti giudiziari, che cercano di chiarire ruoli e competenze nel caso specifico.

Archiviata la posizione di Meloni nel caso Almasri: “Non ero stata informata, tesi assurda”
È stata archiviata la posizione della premier Giorgia Meloni nell’ambito del caso Almasri, la vicenda giudiziaria che ha coinvolto esponenti del governo in merito al controverso rimpatrio forzato del cittadino egiziano. A renderlo noto è la stessa presidente del Consiglio, con un lungo post pubblicato sul suo profilo X (ex Twitter), in cui commenta con fermezza la decisione del Tribunale dei ministri e torna a denunciare le “ingiustificabili fughe di notizie” che nei mesi scorsi hanno anticipato indiscrezioni sugli sviluppi dell’indagine.
Nel messaggio, Meloni sottolinea che il decreto di archiviazione afferma chiaramente come lei “non sia stata preventivamente informata” dei fatti, né che abbia “condiviso la decisione assunta”. Questo elemento sarebbe stato decisivo per escludere la sua partecipazione consapevole alla catena decisionale e quindi, secondo quanto riportato dalla premier, per dimostrare che non avrebbe contribuito a rafforzare “il programma criminoso”.

Resta aperta la posizione di Nordio, Piantedosi e Mantovano
Se la posizione della presidente del Consiglio è stata archiviata, diverso potrebbe essere il destino degli altri membri dell’esecutivo coinvolti. Giorgia Meloni, infatti, nel suo post anticipa che per il ministro della Giustizia Carlo Nordio, il ministro dell’Interno Matteo Piantedosi e il sottosegretario alla Presidenza del Consiglio con delega all’intelligence Alfredo Mantovano, potrebbe essere presto richiesta l’autorizzazione a procedere.
Un’ipotesi che la premier definisce “palesemente assurda”, perché – scrive – sembrerebbe implicare che tre dei suoi più stretti collaboratori abbiano agito senza informarla in merito a una questione tanto delicata. “Desumo che verrà chiesta l’autorizzazione a procedere nei loro confronti”, afferma Meloni con evidente irritazione, aggiungendo: “Pare dunque che due autorevoli ministri e il sottosegretario da me delegato all’intelligence abbiano agito su una vicenda così seria senza aver condiviso con me le decisioni assunte. È una tesi palesemente assurda”.
La presidente del Consiglio non nasconde l’amarezza per l’intera vicenda, che ha messo in discussione la tenuta del coordinamento istituzionale all’interno del governo. L’archiviazione nei suoi confronti rappresenta un passo importante per lei, ma resta ora da vedere quali sviluppi riguarderanno gli altri esponenti dell’esecutivo coinvolti.