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Netanyahu: “La decisione è presa, occuperemo Gaza”

Pubblicato: 04/08/2025 19:36

La crisi in Medio Oriente raggiunge una nuova fase drammatica. “Occuperemo la Striscia di Gaza. La decisione è stata presa”, ha annunciato un alto funzionario dell’ufficio del primo ministro israeliano Benjamin Netanyahu a Channel 12. Secondo la fonte, Hamas non avrebbe alcuna intenzione di liberare altri ostaggi senza una resa totale di Israele. Ma da Gerusalemme arriva un messaggio netto: “Non ci arrenderemo. Se non agiamo ora, gli ostaggi moriranno di fame e Gaza resterà nelle mani di Hamas”.

L’occupazione totale della Striscia sarebbe quindi il passo successivo deciso da Netanyahu, con il supporto politico della destra israeliana e, secondo quanto riferisce Ynet, anche con il via libera da parte dell’ex presidente degli Stati Uniti Donald Trump, che avrebbe espresso il proprio appoggio all’operazione militare. Secondo ambienti diplomatici, Washington e Tel Aviv condividono la convinzione che Hamas non sia più interessata a un accordo.

Il conflitto, nel frattempo, continua a mietere vittime civili. Secondo fonti mediche palestinesi riportate da Al Jazeera, almeno 67 persone sono state uccise oggi a Gaza sotto i bombardamenti israeliani, 30 delle quali mentre si trovavano in fila per ricevere aiuti umanitari. La fame è diventata un’arma di guerra: il ministero della Salute di Gaza riferisce che almeno cinque persone sono morte di stenti nelle ultime 24 ore.

A rendere ancora più drammatica la situazione è stato un attacco con drone israeliano nei pressi della rotonda di Al-Tawam, nel nord della Striscia. Secondo l’agenzia palestinese Wafa, l’attacco ha colpito un gruppo di operatori umanitari, uccidendo almeno cinque civili e ferendone altri sette. Il bilancio, destinato ad aggravarsi, rafforza l’accusa che Israele stia colpendo anche chi cerca di portare soccorsi.

Hamas, tramite dichiarazioni riportate dal Jerusalem Post, avrebbe chiesto almeno 250 camion di aiuti umanitari al giorno come condizione preliminare per riaprire il dialogo. Un messaggio che conferma come il movimento islamista ponga l’assedio e le condizioni umanitarie della popolazione come tema centrale nei negoziati.

Mentre la guerra continua, cresce anche la pressione diplomatica. Oltre 600 ex alti funzionari della sicurezza israeliana, tra cui ex capi del Mossad e dello Shin Bet, hanno inviato una lettera a Donald Trump chiedendogli di convincere Netanyahu a porre fine alla guerra. Nella stessa direzione si è mosso anche il leader russo Vladimir Putin, che ha parlato due volte in pochi giorni con il premier israeliano offrendo un ruolo di mediazione, anche nell’ambito del dossier nucleare iraniano.

Nel frattempo, l’Alta Corte israeliana ha bloccato il licenziamento della procuratrice generale Gali Baharav-Miara, voluto dallo stesso Netanyahu. Il premier ne aveva chiesto la rimozione nell’ambito di una manovra politica molto contestata, che ha sollevato forti critiche in patria e all’estero. Il caso rischia di alimentare ulteriori tensioni interne proprio mentre il Paese si prepara a un’escalation militare.

In Israele cresce anche la tensione sociale. Alcuni attivisti israeliani hanno tagliato le gomme di camion che trasportavano aiuti umanitari verso Gaza, per protesta contro qualsiasi apertura verso Hamas. Allo stesso tempo, oltre 100 giornalisti internazionali hanno firmato una petizione per chiedere accesso libero alla Striscia, accusando Tel Aviv di oscurare deliberatamente le immagini del conflitto.

Tra le richieste più urgenti da parte delle organizzazioni internazionali, spicca quella della Croce Rossa e dell’Organizzazione Mondiale della Sanità, che chiedono il rilascio immediato degli ostaggi. Ma da Netanyahu è arrivato un messaggio glaciale: “Il tempo dei negoziati è finito. Gli ostaggi torneranno solo con una vittoria militare”.

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