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Ostaggi, Hamas e l’illusione diplomatica dell’Europa su Gaza

Pubblicato: 05/08/2025 18:18
Families of hostages protest, demanding the release from Hamas captivity in the Gaza Strip, at the plaza known as the hostages square in Tel Aviv, Israel, Saturday, Aug. 2, 2025. (AP Photo/Ariel Schalit)

Le immagini degli ostaggi israeliani, emaciati e ancora nelle mani di Hamas a Gaza, sono più eloquenti di qualsiasi discorso. Sono una denuncia silenziosa ma implacabile. Eppure, mentre queste foto scuotono le coscienze, in Europa si continua a parlare di riconoscimento dello Stato di Palestina come se nulla fosse accaduto.
Il punto è che quel simbolo oggi è fuori contesto. Quei corpi non raccontano solo una tragedia umanitaria: sono la prova concreta che il progetto dei “due popoli, due Stati” è stato travolto da una realtà molto più dura. Fingere che il 7 ottobre non abbia cambiato tutto significa ignorare la realtà, e indebolire ulteriormente il diritto internazionale.

Gaza, Hamas ha sabotato ogni trattativa e anche Israele ha commesso errori

Per anni, Hamas ha utilizzato la causa palestinese per delegittimare l’Autorità Nazionale Palestinese. Ha fatto saltare ogni tentativo di dialogo, sfruttando la violenza ma anche una rete di potere fatta di welfare, controllo militare su Gaza e propaganda. La pace non è mai stata una vera opzione nel disegno strategico di Hamas.

Dopo il ritiro da Gaza nel 2005, la destra israeliana ha scelto di indebolire Ramallah invece di rafforzarla. Hamas ha potuto crescere, armarsi e consolidarsi anche grazie a una strategia miope che ha preferito il “divide et impera” alla costruzione di un partner negoziale.

Il paradosso israeliano

Oggi Israele si trova nel mezzo di un paradosso complesso. Combatte Hamas, ma permette il passaggio degli aiuti umanitari. Difende i suoi cittadini, ma lo fa in un territorio dove ogni operazione militare ha un costo di immagine enorme.

Eppure, rispetta ancora i principi di uno Stato democratico sotto attacco, distinguendo tra terroristi e popolazione civile. Il coordinamento sugli aiuti umanitari ne è una prova.

L’Europa è fuori tempo

In questo scenario, l’Europa continua a ripetere formule superate. Macron, Scholz, Starmer parlano di “due Stati” come se il 7 ottobre non avesse cambiato la geopolitica. Come se Hamas non avesse gettato il conflitto in una nuova fase, fatta di jihadismo e assenza di leadership politica palestinese credibile.

Difendere i diritti dei palestinesi è legittimo. Ma farlo senza distinguere tra popolazione e chi ne fa scudo umano è un grave errore.

Serve una visione per il dopo Gaza

Non esiste oggi una strategia per il futuro. Nessun piano per la ricostruzione, per il disarmo, per il superamento della frattura tra Hamas e ANP. Nessuna risposta alla domanda fondamentale: chi rappresenterà lo Stato palestinese? E con quali garanzie per Israele?

La parola chiave è una sola: condizionalità

  • Nessuna statualità senza la fine del terrorismo
  • Nessun riconoscimento senza la liberazione degli ostaggi
  • Nessun processo politico senza una rottura chiara con Hamas

Il Medio Oriente non è terreno per gesti simbolici. Richiede scelte dure, verità scomode e coraggio politico.

La pace si costruisce distinguendo tra chi la vuole davvero
e chi lavora ogni giorno per farla fallire.

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