
Il punto non è se riconoscere lo Stato di Palestina. Il punto, secondo Antonio Tajani, è che lo Stato di Palestina oggi non esiste. In un momento in cui il Medio Oriente brucia e il dibattito geopolitico infiamma le cancellerie europee, il ministro degli Esteri italiano ribadisce la linea di prudenza del governo Meloni: sì al principio, ma no al riconoscimento formale, almeno per ora.
«Noi siamo assolutamente favorevoli al riconoscimento della Palestina come Stato, il problema è che non esiste lo Stato della Palestina», ha dichiarato il vicepremier ai cronisti. Una posizione che mette l’Italia in controtendenza rispetto ai segnali più espliciti che arrivano da Francia, Spagna, Irlanda e – tra poco – anche dal Regno Unito.

Tajani ha inoltre criticato apertamente l’operato israeliano: «L’occupazione di Gaza da parte del governo israeliano non mi sembra una scelta che va nella giusta direzione», ha detto. «Hamas ha delle enormi responsabilità, vuole alzare il prezzo, ma la scelta giusta non è occupare Gaza». Un passaggio chiave, che segnala una condanna netta dell’attuale gestione militare di Tel Aviv, pur senza mettere in discussione l’alleanza storica con Israele.
E ancora: «È stato un errore clamoroso sparare contro una chiesa a Gaza», ha aggiunto, riferendosi agli ultimi bombardamenti israeliani su luoghi di culto e strutture civili. La linea di Tajani è quella di un equilibrismo diplomatico: da un lato la condanna di Hamas e delle sue azioni armate, dall’altro la richiesta a Israele di moderazione e rispetto del diritto internazionale.
Sullo stato palestinese, il capo della Farnesina è chiaro: “Non ci sono gli elementi fondamentali per costruire uno Stato”, ma “noi stiamo lavorando per questo”. Parole che sembrano congelare ogni apertura a un riconoscimento immediato, pur lasciando intendere un coinvolgimento attivo nei processi diplomatici in corso.
Intanto, sul piano umanitario, Tajani ha annunciato nuove misure: 400 tonnellate di farina acquistate dall’Italia saranno lanciate sulla Striscia di Gaza, e 50 palestinesi, tra cui 20 bambini, saranno trasferiti in Italia per ricevere cure mediche. «Stiamo facendo tutto il possibile per aiutare la popolazione», ha assicurato.
Ma la tensione resta alta. Gazi Hamas, esponente del braccio politico dell’organizzazione, ha rivendicato la nuova ondata di riconoscimenti come un risultato diretto degli attacchi del 7 ottobre 2023: «Sono i frutti del nostro sacrificio», ha dichiarato. Una lettura che rischia di radicalizzare ulteriormente il dibattito internazionale, dando fiato a chi accusa i Paesi occidentali di legittimare indirettamente la strategia di Hamas.
In questo scenario, l’Italia cerca di non sbilanciarsi, mantenendo un profilo mediatore e una posizione che ambisce a restare coerente con i princìpi del diritto, senza perdere l’equilibrio in un contesto sempre più polarizzato. Ma il tempo stringe, e il posizionamento sullo scacchiere mediorientale diventa ogni giorno più strategico — e più complicato.