
In ambito medico, le evidenze scientifiche sono fondamentali per guidare le decisioni terapeutiche. Durante le emergenze sanitarie, però, si assiste spesso a un ricorso massiccio a trattamenti di dubbia efficacia, dettato più dal timore che dalla certezza. È accaduto anche nei primi mesi della pandemia, quando la conoscenza del virus era ancora limitata e ogni precauzione sembrava lecita pur di evitare peggioramenti nei pazienti.
Con l’evolversi delle conoscenze, molte prassi inizialmente accettate sono state progressivamente riviste. Uno dei temi centrali riguarda l’impiego degli antibiotici, spesso utilizzati in maniera preventiva, anche in assenza di confermate infezioni batteriche. Un approccio che, a lungo termine, ha sollevato non pochi interrogativi dal punto di vista dell’efficacia e della sicurezza collettiva.

L’Oms rivede l’uso degli antibiotici nei pazienti Covid
Un aggiornamento importante arriva dall’Organizzazione mondiale della sanità, che ha pubblicato una nuova versione delle proprie raccomandazioni cliniche per la gestione del Covid-19. All’interno delle linee guida, viene espressamente sconsigliato l’uso degli antibiotici nei pazienti che non presentano un chiaro sospetto di infezione batterica, anche in presenza dell’infezione da coronavirus.
Questa posizione, contenuta nella guida intitolata “COVID-19 Clinical Management: living guidance”, si basa su un numero crescente di studi che hanno analizzato i benefici reali dell’uso degli antibiotici in questi pazienti. Il documento chiarisce che, in assenza di indicazioni cliniche specifiche, l’impiego di questi farmaci non porta vantaggi significativi né nella prevenzione delle complicanze, né nella riduzione dei ricoveri o dei decessi.
I rischi legati all’abuso di antibiotici
Il problema dell’antibiotico-resistenza è al centro delle riflessioni dell’Oms, che nel documento afferma: “L’abuso di antibiotici aumenta il rischio di insorgenza e trasmissione di batteri multiresistenti”, ceppi difficili da trattare e associati a un aumento della morbilità e della mortalità.
Durante le prime fasi della pandemia, l’impiego esteso di antibiotici aveva l’obiettivo di prevenire sovrainfezioni batteriche, ma in molti casi ciò è avvenuto senza supporto diagnostico, portando anche a fenomeni di scarsità di medicinali in alcune aree del mondo. Con il tempo, il loro utilizzo è diminuito, ma rimane ancora molta incertezza su quando sia davvero opportuno prescriverli.
Differenziare i casi è fondamentale
Le nuove linee guida sottolineano che nei pazienti con Covid non grave, se non c’è un chiaro sospetto di infezione batterica, non è raccomandato l’uso di antibiotici. La raccomandazione si estende anche alle forme più severe della malattia, pur con una maggiore prudenza: in alcune situazioni selezionate, spiegano gli esperti, un uso mirato di antibiotici potrebbe avere un modesto effetto sulla riduzione della mortalità.
Una svolta per la medicina basata sull’evidenza
Con questo aggiornamento, l’Oms invita a un uso più razionale e responsabile dei farmaci, in linea con i principi della medicina basata su dati concreti. L’obiettivo è preservare l’efficacia degli antibiotici nel tempo, evitando che un uso scorretto comprometta la loro utilità nei casi in cui risultano realmente indispensabili. Una scelta che guarda al presente, ma soprattutto al futuro della salute pubblica.