
Il boom dell’intelligenza artificiale sta accelerando il consumo globale di energia elettrica. Tra modelli sempre più potenti e datacenter in espansione, emerge una domanda centrale: è giusto che le famiglie paghino l’elettricità come i colossi che alimentano i server dell’AI? Una questione che va oltre la bolletta: riguarda la sostenibilità, l’equità e il futuro delle politiche energetiche globali.
Il boom dei consumi di energia per l’AI
Secondo una ricerca pubblicata dall’autorevole The Guardian, l’utilizzo di energia da parte dei datacenter è destinato a triplicare entro il 2030, e gran parte di questo aumento è legato proprio alla crescita dell’AI. Ad esempio:
- Allenare un singolo modello come GPT-4 può consumare fino a 700.000 litri d’acqua per il raffreddamento dei server.
- L’intera infrastruttura AI di Google, Amazon, Microsoft, Meta e Nvidia sta incrementando la richiesta energetica al punto da superare quella di intere città.
Non si tratta solo di calcolo computazionale: server, raffreddamento, storage e connessioni in fibra hanno un peso sempre maggiore sul bilancio energetico dei paesi ospitanti.
Le famiglie pagano per sopravvivere, le aziende per profitto
Oggi, nella maggior parte dei paesi, aziende e famiglie pagano l’elettricità in base ai consumi. Ma non si tiene conto della “funzione sociale” dell’energia: mentre per una famiglia serve a cucinare, riscaldarsi e vivere dignitosamente, per un datacenter è un costo d’impresa finalizzato al profitto.
La parità di trattamento fiscale o tariffario tra questi soggetti pone un problema etico e sistemico: perché un nucleo familiare con consumi modesti deve sopportare lo stesso prezzo al kWh di un colosso che utilizza energia per far girare chatbot o modelli predittivi?
La proposta: tariffe differenziate e più eque
L’idea che prende piede tra gli analisti energetici è quella di introdurre una tariffazione differenziata. In altre parole, chi consuma per finalità industriali (e inquinanti) dovrebbe pagare di più, secondo criteri di:
- Intensità energetica
- Finalità d’uso (profitto vs sopravvivenza)
- Impatto ambientale
- Capacità contributiva
In alcuni paesi, come la Francia e la Germania, sono già in corso discussioni su possibili “tasse AI” o “eco-tariffe” per spingere le big tech a contribuire al bilancio energetico comune, finanziando ad esempio investimenti in fonti rinnovabili o reti smart.
Un’opportunità per finanziare la transizione energetica
Tassare o diversificare le tariffe per l’uso dell’energia legato all’AI potrebbe avere anche un effetto virtuoso: liberare risorse pubbliche e private per aumentare la produzione di energia pulita.
Oggi molti governi sono costretti a scegliere tra:
- Sussidiare le bollette delle famiglie più fragili
- Investire nella riconversione ecologica
- Fornire energia a basso costo alle grandi imprese
Con un sistema di prezzi più giusto, le big tech potrebbero coprire parte del fabbisogno energetico che esse stesse contribuiscono a far esplodere.
Giustizia energetica, non solo efficienza
Il tema non è solo tecnico. È politico. È sociale. L’energia è un bene comune, sempre più scarso e strategico. Trattarla come una merce neutrale significa ignorare le disuguaglianze di accesso e di scopo tra chi consuma per vivere e chi consuma per guadagnare. L’intelligenza artificiale può anche migliorare il mondo, ma non può farlo sulle spalle di chi oggi fatica a pagare una bolletta.
Serve un cambio di paradigma: giustizia energetica, non solo efficienza.