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La mummia di Lenin e il realismo magico del potere eterno

Pubblicato: 07/08/2025 07:41

Il potere moderno ha un solo nemico: la fine. E quando la rivoluzione bolscevica giunge alla sua apoteosi, la morte di Lenin rappresenta un rischio esistenziale per l’ideologia, per il partito, per lo Stato. È qui che comincia La mummia di Lenin, libro straordinario di Ezio Mauro, che narra una storia reale – la conservazione artificiale del corpo di Vladimir Il’ič Ul’janov – con la lucidità di un saggio storico e la tensione simbolica di un racconto sacro. Non è una parabola politica, ma una liturgia secolare. Non è solo cronaca, ma teologia laica.

Il punto di partenza è semplice: Lenin non può morire. Non può farlo perché rappresenta qualcosa di più della sua persona. Come nei sistemi monarchici sacralizzati, il fondatore della rivoluzione incarna un doppio corpo: quello biologico, destinato alla corruzione, e quello mistico, eterno, che garantisce la continuità del potere. È l’antico concetto delineato da Kantorowicz, qui riproposto non per diritto divino, ma per obbligo ideologico. E tuttavia la modernità sovietica non si limita a rinnovare il simbolo: lo rende visibile. Lenin viene imbalsamato, ostentato, eternato. Il suo corpo reale diventa il corpo dello Stato.

Scienza e mito nel realismo magico politico

Ed è proprio questo gesto a far deragliare la scienza verso il mito. I medici, chiamati a impedire la decomposizione, non lavorano più come scienziati, ma come officianti. Non è solo un laboratorio: è un altare. Non c’è spiegazione medica, ma un tentativo di sospendere le leggi naturali in nome della verità storica. Ecco allora che la realtà si piega all’immaginazione politica: la scienza si fa rituale, l’ingegneria diventa liturgia. È il trionfo di un realismo magico politico, dove tutto è reale, ma nulla è spiegabile senza accedere a un linguaggio mitico.

È in questo contesto che si colloca la forma del mausoleo. Non è solo un sepolcro, ma una macchina simbolica. Aleksey Shchusev lo concepisce come uno ziggurat laico, una struttura a gradoni che richiama le piramidi, le tombe regali, i templi babilonesi. Ogni forma ha un significato: il cubo come solidità eterna, la scala come ascesa del potere, la pietra nera come negazione del tempo. La posizione stessa – al centro della Piazza Rossa, accanto al Cremlino – ne fa un altare centrale, una nuova Mecca del potere secolare.

L’eredità zarista nella liturgia rivoluzionaria

Ma qui si manifesta il paradosso più profondo: il comunismo, che aveva promesso la fine della religione e del culto, riproduce in forma laica la ritualità zarista. Il silenzio dei visitatori, le guardie d’onore, la sacralità dello spazio, l’ordine del pellegrinaggio: tutto riecheggia la corte imperiale. Solo che ora l’oggetto del culto non è Dio, né il sovrano per diritto divino, ma il profeta della storia. Non si chiede redenzione, ma permanenza. Non si spera in un aldilà, ma in un eterno presente rivoluzionario.

Anche il cervello di Lenin viene trattato come reliquia. Viene estratto, sezionato, analizzato ossessivamente. Si istituisce un laboratorio segreto – la “Commissione sul cervello” – con l’obiettivo di trovare le tracce materiali del genio rivoluzionario. È un gesto che tradisce la razionalità stessa del marxismo. Non basta più il pensiero: serve la materia. Il cervello diventa manoscritto biologico, arca della verità storica. L’anatomia si fa teologia materialista.

La sacralizzazione del potere oltre la fine dell’URSS

Ezio Mauro racconta tutto questo con scrittura tesa, lucida, sempre fedele ai fatti ma consapevole della loro carica simbolica. Ne emerge un quadro inquietante: la rivoluzione, in pochi anni, si fa potere trascendente. Non governa più solo sulla terra, ma nel tempo, impadronendosi del passato e blindando il futuro. Lenin non è solo un leader: è una garanzia ontologica. Il suo corpo, sospeso tra vita e morte, tra natura e ideologia, diventa la reliquia fondativa del potere assoluto.

E quando l’URSS crolla, la mummia resta. Persino nella Russia post-sovietica. Persino senza più marxismo. Lenin non è più un’idea, ma una pietra immobile al centro del mito. È la testimonianza che il potere, ogni potere, ha bisogno di un corpo da mostrare, di un fondatore da imbalsamare, di un altare da presidiare.

La mummia di Lenin è dunque un libro sul corpo. Ma anche sulla fede. E soprattutto sulla trasfigurazione del reale nel mito. Perché ogni rivoluzione si promette razionale, ma quando arriva al potere, deve diventare sacra.

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Ultimo Aggiornamento: 07/08/2025 07:42

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