
In una recente e tesa conversazione telefonica, i toni si sarebbero alzati tra il Primo Ministro israeliano Benjamin Netanyahu e il Presidente degli Stati Uniti Donald Trump. Secondo le ricostruzioni di NBC News, il colloquio, avvenuto il 28 luglio, si sarebbe concluso con le urla di Trump, infuriato per la crisi umanitaria nella Striscia di Gaza.
L’episodio ha messo in luce le crescenti tensioni tra i due leader, in un momento cruciale per la gestione della situazione a Gaza e il Gaza Humanitarian Fund, un fondo che la Casa Bianca sta monitorando con crescente preoccupazione.
La telefonata del 28 luglio e il botta e risposta
La scintilla che ha acceso il diverbio è stata l’affermazione di Netanyahu, il giorno precedente, secondo cui “non c’è fame a Gaza”. Una dichiarazione che ha scatenato una reazione immediata e veemente da parte di Trump. Le fonti americane di NBC News riportano che, in seguito a questa replica, Netanyahu avrebbe cercato un contatto diretto con il Presidente, e il tanto atteso colloquio telefonico si è svolto poche ore dopo. La conversazione, che avrebbe dovuto chiarire le posizioni, si è trasformata in un acceso scontro. Netanyahu avrebbe cercato di inquadrare la situazione come un problema di propaganda di Hamas, ma sarebbe stato bruscamente interrotto da Trump.
Secondo la ricostruzione delle fonti, a questo punto Trump avrebbe iniziato a gridare, sostenendo che i suoi collaboratori gli avevano mostrato prove inconfutabili della grave situazione umanitaria: bambini che soffrono la fame e muoiono di stenti. Questa accesa reazione, descritta come “una conversazione diretta, per lo più a senso unico”, ha visto il Presidente americano dominare la discussione. Uno degli ex funzionari statunitensi citati dall’emittente ha rivelato che Trump “ha parlato per la maggior parte del tempo”, concentrandosi quasi esclusivamente sullo stato degli aiuti umanitari e sul fallimento percepito nella loro distribuzione.

La preoccupazione della Casa Bianca e il ruolo di Witkoff
L’episodio telefonico riflette la crescente frustrazione e preoccupazione dell’amministrazione Trump riguardo alla situazione a Gaza. Il Presidente e i suoi consiglieri sono allarmati per il lavoro del Gaza Humanitarian Fund, un’iniziativa fondamentale per fornire soccorso alla popolazione civile. La convinzione che la situazione stia precipitando e che la gente stia morendo di fame ha spinto la Casa Bianca a prendere una posizione più decisa. A conferma di questa preoccupazione, in seguito alla telefonata, è stata avviata una missione diplomatica in Medio Oriente guidata dall’inviato Steve Witkoff. La sua visita ha avuto come obiettivo primario quello di valutare di persona lo stato della crisi e coordinare gli sforzi per garantire che gli aiuti raggiungano effettivamente chi ne ha bisogno.
Le implicazioni politiche e la rottura diplomatica
Questo incidente non è solo un semplice disaccordo tra due leader, ma segna un possibile punto di rottura nella loro relazione, tradizionalmente forte. Le differenze di vedute sulla crisi a Gaza e le sue conseguenze umanitarie sono emerse in modo drammatico, evidenziando una profonda divergenza di percezioni e priorità. Mentre Netanyahu ha insistito sulla narrazione di Hamas e sulla sicurezza, Trump ha posto l’accento sulla tragedia umana e sulla responsabilità di garantire che gli aiuti arrivino a destinazione. L’accaduto getta un’ombra sulle future dinamiche tra Stati Uniti e Israele, e potrebbe influenzare significativamente la politica estera americana nella regione.