
La guerra in Ucraina potrebbe essere “risolta molto presto”. È l’ottimismo espresso da Donald Trump, che ieri ha parlato dalla Casa Bianca in veste di mediatore globale, celebrando un risultato che ha voluto trasformare in messaggio di pace. Al centro della scena, infatti, c’era la firma di un trattato fra il premier armeno Nikol Pashinyan e il presidente azero Ilham Alyiev, storici rivali nel Caucaso. Un accordo che, secondo il Dipartimento di Stato, aprirà all’Azerbaijan le porte degli Accordi di Abramo, ampliando il raggio diplomatico statunitense in Medio Oriente.
Trump ha definito l’intesa “una pace storica” e i due leader si sono impegnati a sostenerlo ufficialmente per il Premio Nobel per la pace. Ma la vera attesa dei giornalisti era per il fronte ucraino. “Vi dirò presto la location, ma questa cosa è molto più grande di una location”, ha dichiarato. Poche ore dopo, sul social Truth, è arrivato l’annuncio: “Ci vedremo il 15 in Alaska”.
Pressioni e tempistiche verso l’incontro
Rispondendo alle domande, il presidente ha evitato di definire l’appuntamento come “l’ultima chance” per la Russia. Ha sottolineato invece che “quando le armi vengono usate, diventa difficile fermarsi” e che la guerra “non avrebbe mai dovuto iniziare”. Per Trump, sia Putin sia Zelensky vogliono la pace, ma Kiev deve “essere pronta a firmare qualcosa”. L’ipotesi sul tavolo è uno scambio di territori: “Ci sono territori per cui si combatte da tre anni e mezzo, stiamo cercando di ottenere tutti qualcosa indietro”.
Il premier polacco Donald Tusk ha commentato che “un congelamento del conflitto è più vicino”, dopo una lunga telefonata con Volodymyr Zelensky. Quest’ultimo, nel discorso serale, ha ribadito che un cessate il fuoco sarà possibile solo mantenendo forti pressioni su Mosca, con minacce concrete di ritorsioni.
La rete di Putin e i contatti globali
Dall’altra parte, Vladimir Putin ha trascorso la giornata al telefono con i principali partner internazionali. Il presidente russo ha cercato di consolidare il sostegno da parte di Paesi amici e di quelli rimasti finora neutrali, per dimostrare che Mosca non è isolata. Con la Cina, Xi Jinping ha auspicato un miglioramento dei rapporti tra Mosca e Washington, pur senza condannare apertamente l’invasione. Pechino, impegnata nei negoziati commerciali con gli Stati Uniti, ha ricordato che “situazioni complesse non hanno soluzioni semplici”.
Importante anche la conversazione con il premier indiano Narendra Modi. L’India, già colpita da sanzioni secondarie americane, ha ottenuto solo tre settimane di tregua: dal 27 agosto scatteranno dazi al 50% sugli acquisti di greggio russo se non verranno trovati fornitori alternativi. Modi ha definito “ottima e dettagliata” la telefonata con Putin e lo ha invitato a Delhi per il 23º vertice annuale India-Russia di fine anno, ribadendo il partenariato strategico.
Il Cremlino ha chiuso la giornata con tre contatti di peso nell’Asia centrale: i presidenti di Uzbekistan, Kazakistan e Bielorussia, tutti schierati pubblicamente al fianco della Russia. Un mosaico di sostegni che sarà determinante nel vertice di Alaska, dove la partita potrebbe spostarsi da uno scenario di guerra aperta a un fragile equilibrio negoziato.
La reazione di Zelensky
Nel commentare l’incontro tra Donald Trump e Vladimir Putin in Alaska il 15 agosto, il presidente ucraino Volodymyr Zelensky ha ribadito che l’Ucraina è pronta a trovare soluzioni concrete per la pace. Ha però specificato che la costituzione ucraina non permette di cedere territori agli occupanti, sottolineando che qualsiasi accordo di pace che non includa Kiev sarebbe considerato contrario alla pace stessa.