
«Non so nuotare!». Sarebbero state queste le ultime parole di Abdou Ngom, 13 anni, prima di sparire per sempre nelle acque del fiume Tanaro, in Piemonte. A quasi quattro mesi dalla tragedia di Pasquetta, avvenuta lo scorso 21 aprile, la procura dei minorenni di Torino ha disposto una misura cautelare: un 15enne di origine magrebina è ora agli arresti domiciliari in una comunità, accusato di omicidio volontario con dolo eventuale.
Secondo quanto emerso dalle indagini, i protagonisti della vicenda sono tutti giovanissimi nati in Italia da famiglie immigrate, residenti a Bra, in provincia di Cuneo. Insieme ad Abdou, il presunto responsabile e altri due amici avevano organizzato una gita alla cosiddetta “spiaggia dei cristalli” a Verduno, una zona molto frequentata in estate. Ma quel giorno il fiume Tanaro era gonfio e pericoloso a causa del maltempo.
Durante l’escursione, Abdou sarebbe stato spinto in acqua nonostante avesse detto chiaramente di non saper nuotare. Trascinato dalla corrente e dalla torbidità del fiume, il ragazzo è scomparso nel nulla. Gli amici hanno dato subito l’allarme, ma i vigili del fuoco non sono riusciti a localizzarlo. Le ricerche sono proseguite per giorni con droni, elicotteri e squadre specializzate, ma senza successo.

Col passare delle ore, il dramma ha assunto i contorni di un mistero. Mentre le ricerche venivano ufficialmente sospese, prendeva corpo un’inchiesta volta a fare chiarezza su quanto accaduto. In paese, si iniziava a ipotizzare che la tragedia non fosse solo una fatalità.
Le indagini, coordinate dal PM Davide Fratta e affidate ai carabinieri della Compagnia di Bra, hanno portato al sequestro dei cellulari dei tre amici presenti quel giorno. Dalle chat è emerso che i ragazzi si erano sentiti per decidere cosa dire nel caso in cui fossero stati convocati dai militari.
In sede di incidente probatorio, i minori sono stati ascoltati separatamente. Durante le audizioni, è emerso un dettaglio cruciale: il 15enne, inizialmente accusato solo di violenza privata, avrebbe avuto un credito di 50 euro nei confronti di Abdou. Ma soprattutto, due testimoni hanno riferito che il ragazzino avrebbe spinto Abdou nel fiume, nonostante le sue proteste.
A quel punto, la procura ha modificato l’ipotesi di reato in omicidio volontario con dolo eventuale: l’indagato non avrebbe avuto l’intenzione diretta di uccidere, ma avrebbe accettato il rischio che il suo gesto potesse causare la morte. Da qui la decisione di disporre gli arresti domiciliari in comunità.
Il ragazzo ora accusato, assistito dagli avvocati Giuseppe Vitello e Piermario Morra, nega la ricostruzione fatta dagli inquirenti. La sua versione dei fatti sarà valutata nei prossimi sviluppi dell’inchiesta, che continua ad attirare l’attenzione dell’opinione pubblica e a scuotere la comunità di Bra.
La morte di Abdou Ngom resta un dramma irrisolto per molti, ma l’indagine potrebbe finalmente fare luce su quanto accaduto quel giorno sul Tanaro, trasformando una presunta bravata in una vicenda giudiziaria complessa e dolorosa.