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Campione di calcio morto in guerra, scoppia la polemica: “Come è andata”

Pubblicato: 10/08/2025 18:01

Nel mondo dello sport, il calcio è spesso molto più di un semplice gioco. Esso rappresenta un linguaggio universale capace di raccontare storie di coraggio, speranza e resistenza anche nelle condizioni più difficili. In territori segnati da conflitti e privazioni, il calcio assume un ruolo fondamentale, diventando simbolo di unità e di sogni condivisi da intere comunità. È in questo contesto che la figura di Suleiman Al-Obeid, conosciuto come il “Pelé palestinese“, ha assunto un significato speciale, incarnando la passione e la determinazione di un popolo.

La sua storia è fatta di sacrifici, talento e impegno, che hanno lasciato un segno indelebile nel cuore dei tifosi palestinesi e di tutti gli appassionati di calcio. La recente notizia della sua morte ha colpito profondamente non solo il mondo dello sport, ma anche la comunità internazionale, richiamando l’attenzione sulle conseguenze umane del conflitto israelo-palestinese.

La carriera e la vita di Suleiman Al-Obeid

Nato a Gaza, Suleiman Al-Obeid ha dedicato la sua esistenza al calcio, nonostante le difficili condizioni di vita imposte dal contesto bellico. Ha giocato in squadre locali come Khadamat al-Shati e Markaz Shabab al-Am’ari, diventando un punto di riferimento per il calcio palestinese. Con la nazionale palestinese ha collezionato 24 presenze e segnato 2 gol, raggiungendo la quota di oltre 100 reti nel corso della carriera.

Il suo talento e la sua abilità in campo gli hanno valso il soprannome di “Pelé palestinese”, grazie alla tecnica e al carisma che ha sempre mostrato. Al-Obeid non era solo un calciatore, ma un simbolo di speranza per un popolo che lotta ogni giorno per la propria sopravvivenza.

La morte e la reazione di Mohamed Salah alla Uefa

Il 6 agosto 2025, mentre si trovava in fila per ricevere aiuti umanitari a Gaza, Al-Obeid è stato ucciso da un attacco israeliano. La notizia ha rapidamente fatto il giro del mondo, suscitando dolore e commozione. La Federcalcio palestinese ha confermato la sua morte, ricordando il grande calciatore e padre di cinque figli.

La vicenda ha sollevato un acceso dibattito mediatico quando la Uefa ha pubblicato un messaggio di cordoglio su X, definendo Al-Obeid “un talento che ha dato speranza a innumerevoli bambini, anche nei momenti più bui”. Tuttavia, la mancanza di dettagli e di un riferimento esplicito alle circostanze della morte ha suscitato critiche.

In particolare, l’attaccante egiziano del Liverpool, Mohamed Salah, ha risposto pubblicamente alla Uefa con un post molto diretto: “Potete dirci come è morto, dove e perché?”. Il suo intervento ha attirato grande attenzione e ha raccolto numerosi consensi, tra cui quello dell’ex leader laburista Jeremy Corbyn, che ha commentato: “Ben detto Mo!”.

Questa presa di posizione di Salah ha messo in evidenza la necessità di una maggiore trasparenza e sensibilità nel trattare storie così delicate, soprattutto quando coinvolgono persone e comunità colpite da conflitti.

Il contesto del conflitto e l’impatto sul mondo dello sport

Dal 7 ottobre 2023, la regione di Gaza è stata al centro di un conflitto devastante che ha causato la morte di oltre 61.000 palestinesi e la distruzione di molte infrastrutture fondamentali. Questo scenario di guerra ha influenzato profondamente anche il mondo sportivo locale.

Secondo i dati della Federcalcio palestinese (PFA), sono 662 le persone legate allo sport rimaste vittime del conflitto, tra cui 321 calciatori, allenatori, dirigenti e arbitri. Questa tragedia sottolinea come il conflitto abbia colpito non solo la vita quotidiana, ma anche una delle espressioni culturali e sociali più importanti per la comunità palestinese.

Un simbolo di speranza e resistenza

Suleiman Al-Obeid rappresentava un messaggio di speranza e resilienza, portando avanti la sua passione per il calcio nonostante le difficoltà enormi del contesto. Il suo impegno in campo, la sua dedizione e il suo esempio hanno dato conforto e ispirazione a molti.

La sua morte è una perdita non solo per il calcio palestinese, ma per l’intero mondo dello sport che guarda con attenzione a chi usa il gioco come strumento di pace e unione.

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