
Addio a una voce indimenticabile. Il mondo del jazz piange la scomparsa di una delle sue interpreti più raffinate e originali: una voce capace di trasformare ogni nota in racconto, ogni standard in poesia. Una voce che non imitava nessuno, ma che ha ispirato generazioni.
Sheila Jordan se n’è andata lunedì 11 agosto, all’età di 96 anni, nella sua casa di New York. Con lei se ne va non solo una delle ultime testimoni dirette dell’epoca d’oro del jazz, ma anche un’anima libera che ha fatto della musica un atto di resistenza, identità e amore.
Nata Sheila Jeanette Dawson il 18 novembre 1928 a Detroit, cresciuta tra mille difficoltà nella cittadina mineraria di Summerhill, in Pennsylvania, Sheila ha affrontato sin da bambina una vita segnata da povertà, violenze familiari e discriminazione razziale. Un contesto duro, che però non le ha impedito di trovare presto una via di fuga e di riscatto: la musica.

La rivelazione arriva per caso, ascoltando “Now’s the Time” di Charlie Parker da un jukebox. Quel suono cambia tutto. “In quel momento ho capito che avrei dedicato la mia vita al jazz”, avrebbe raccontato poi. E così è stato. A New York, dove si trasferisce nel 1951, conosce Parker di persona e diventa una delle sue giovani protette.
Sposa il pianista Duke Jordan, dal quale prende il cognome d’arte, studia con Lennie Tristano e frequenta l’ambiente sperimentale del Greenwich Village, collaborando con leggende come Charles Mingus, George Russell e Horace Silver. Ma la consacrazione arriva solo nel 1963, quando incide per Blue Note lo storico Portrait of Sheila: è la prima volta che l’etichetta pubblica un album con una vocalist.
Quel disco la consacra come una delle interpreti più raffinate, coraggiose e moderne del panorama jazz. Eppure, la sua carriera si interrompe per anni, segnata da maternità, lavori umili, problemi di alcol e droghe, e la difficoltà di conciliare la vita artistica con quella da madre single.

Ma Sheila non si arrende. Torna in studio nel 1975 con Confirmation, e da quel momento non si fermerà più. Sperimenta e impone un formato quasi rivoluzionario: il duo voce-contrabbasso, che diventa il suo marchio di fabbrica. Con la sola voce e uno strumento, Sheila scompone, reinventa e illumina ogni brano.
Nel 2012 riceve il titolo di NEA Jazz Master, la massima onorificenza per un musicista jazz negli Stati Uniti. Fino agli ultimi anni di vita, già ultranovantenne, continua a esibirsi e a incidere, come dimostrano i recenti Sheila Jordan Live at Mezzrow (2020) e Portrait Now (2025).
Sheila Jordan ha cantato il jazz con l’intensità di chi ha vissuto sulla pelle le sue note più aspre e le sue improvvisazioni più ardite. La sua scomparsa segna la fine di un’epoca, ma la sua voce resta: libera, swingante, viva.