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“Quelli sono i punti più pericolosi”. Carlo morto in mare a 6 anni, l’esperto: “Mai fare questo errore”

Pubblicato: 12/08/2025 11:48

“Il mare più sicuro è il più infido”, lancia l’allarme Dino Basso, direttore della Società nazionale di salvamento (Sns) di Mestre. Dopo la tragica morte del piccolo Carlo Panizzo, il bambino di 6 anni scomparso sotto gli occhi della madre a Cavallino-Treporti, Basso ha rilasciato un’intervista a Il Gazzettino per spiegare come funzionano le ricerche in mare e quali siano i comportamenti corretti da adottare in spiaggia. La tragedia è avvenuta nella giornata di lunedì 11 agosto, mentre il corpicino del bimbo è stato ritrovato all’alba di oggi, martedì 12 agosto.

Secondo l’esperto, la percezione diffusa che il mare Adriatico sia più sicuro rispetto ad altri contesti può rivelarsi ingannevole: “Ai genitori dico con forza: la spiaggia non è un parco giochi”. Ogni anno, in media, oltre 30 bambini si perdono sulla battigia, e in molti casi intervengono i bagnini in coordinamento con le autorità. Ma, come ha ricordato Basso, basta pochissimo tempo perché una distrazione si trasformi in dramma.

Quando un bambino scompare, le operazioni di soccorso iniziano immediatamente: “Il bagnante si rivolge alla torretta, e parte il passaparola via radio tra i colleghi”, spiega il direttore Sns. “Si diffonde un identikit e si attivano ricerche visive, anche con l’aiuto dei presenti. Se dopo 30 minuti non si trova il bambino, vengono allertate forze dell’ordine e Guardia costiera. Se c’è la possibilità che sia finito in acqua, intervengono anche i sommozzatori dei vigili del fuoco”.

Il mare, però, può essere estremamente insidioso, specie quando è mosso: “La visibilità è bassissima, spesso inferiore a un metro”, racconta. “È difficile distinguere una sagoma tra le onde. Questo ritarda i soccorsi e abbassa le probabilità di salvataggio”. A complicare le operazioni contribuisce anche l’elevata densità turistica: “Un bagnino deve controllare fino a due campi da calcio solo in acqua, con centinaia di persone alla rinfusa in mare”.

L’annegamento, inoltre, è un evento silenzioso: “Un bambino può affondare in 20 secondi. Non ha la forza di urlare, e appena apre la bocca, l’acqua entra nei polmoni. Il tempo utile per salvare un bambino si aggira attorno ai tre-quattro minuti”, spiega Basso, sottolineando quanto sia fondamentale l’occhio costante dei genitori.

Nel caso di Carlo, il corpo è stato ritrovato nei pressi di un pennello. “Si tratta di strutture in cemento o pietra costruite per contenere l’erosione della costa. Ma lì la profondità può raggiungere anche i 4 metri, e la corrente litoranea tende a trasportare ogni oggetto o corpo verso sud, fino a schiantarlo contro il pennello”, avverte l’esperto. Si tratta di aree dove la balneazione è vietata e ben segnalata, ma che vengono comunque raggiunte da molti turisti.

La corrente, spiega ancora Basso, non dà scampo: “Il nostro mare sembra tranquillo, ma basta non sapere nuotare per finire a largo e perdere il controllo. Anche a pochi metri dalla riva, si può essere travolti da buche improvvise, forti risacche o ostacoli nascosti sotto la sabbia”.

Ecco perché, conclude, serve una maggiore consapevolezza da parte dei genitori: “La spiaggia non è un posto sicuro per definizione. I bambini vanno sorvegliati di continuo, sia in acqua che sulla sabbia. Troppo spesso ci affidiamo a una percezione errata di tranquillità, sottovalutando i rischi reali”.

Il Comune di Cavallino-Treporti, intanto, ha espresso profondo cordoglio per la tragedia. In molti si sono stretti attorno alla famiglia di Carlo, devastata da un dolore che – come ha ricordato anche Basso – nessun mare potrà mai lenire.

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