
L’8 agosto 2025 aveva compiuto sei anni. Quella breve gita estiva al mare era una sorta di regalo di compleanno. «Era lì davanti a me, poi non l’ho più visto». Dana Kalarus, mamma di Carlo Panizzo, il bambino di 6 anni morto a Cavallino-Treporti, ha spiegato cosa è successo lunedì 11 agosto 2025 su quella spiaggia. La donna, separata dal marito Fabio Panizzo, voleva godersi una giornata di relax con il piccolo. Il tempo di piantare l’ombrellone, appoggiare le borse e stendere gli asciugamani, ed ecco che Carlo era già corso verso l’acqua. Dana lo ha perso di vista una frazione di secondo. Si è alzata, ha chiesto aiuto. In pochi minuti si è attivata una catena umana ma purtroppo per Carlo non c’è stato nulla da fare.

Non ci sono parole che possano descrivere il dolore di una madre che perde un figlio. Eppure, una frase pronunciata con la voce spezzata ha colpito tutti: «Lo avevo sotto gli occhi», ha detto la madre del piccolo Carlo Panizzo, il bimbo di sei anni annegato l’11 agosto nelle acque di Cavallino-Treporti. Una manciata di parole che raccontano una tragedia, un senso di colpa, una disperazione che non troverà mai pace.
Carlo era lì, a pochi metri dalla riva, mentre la madre lo osservava. Poi, in un attimo, il vuoto. Lo ha cercato con lo sguardo, ha chiamato aiuto, ha sperato fino all’ultimo che fosse solo scappato più in là. Ma dopo ore di ricerche frenetiche, il corpo è stato trovato a due metri di profondità, adagiato vicino a un frangiflutti. La conferma è arrivata poco prima delle tre del mattino.
Il racconto del dolore si fa più vivo attraverso le parole che la madre ha affidato a Repubblica. Un dolore composto, dignitoso, eppure lancinante. «Avevo smesso di vivere quando l’ho perso di vista», ha confessato. Le sue parole sono un pugno nello stomaco per chiunque abbia assistito, anche solo da lontano, a questa tragedia.

Per ore ha camminato sulla spiaggia, tenuta in piedi da una flebile speranza. Insieme a lei, centinaia di turisti e residenti hanno dato vita a una catena umana, hanno vegliato la riva con candele accese, si sono stretti in preghiera. Ma il mare, silenzioso e scuro, aveva già preso con sé quel piccolo corpo che non tornerà più.

La madre di Carlo ha avuto parole di gratitudine per i soccorritori. Ha ringraziato i sommozzatori, i bagnini, la guardia costiera. E ha abbracciato simbolicamente ogni persona che si è fermata in spiaggia per un pensiero, una preghiera, una lacrima. Un’umanità che si è unita nel dolore, in uno dei momenti più bui dell’estate italiana.
In ospedale, dopo il riconoscimento, la donna non ha parlato. Ma poco dopo ha detto qualcosa che resterà scolpito nel cuore di molti: «Era il mio sole. Non lo rivedrò mai più». Parole che straziano, che fotografano un amore che nessun tempo o mare potrà mai spegnere.
La tragedia di Carlo non è solo una storia di cronaca: è una ferita collettiva. Una di quelle che si attaccano alla pelle delle persone, delle comunità, dei luoghi. E proprio per questo il Comune di Cavallino-Treporti ha annullato gli eventi pubblici previsti per Ferragosto, proclamando il lutto cittadino.
La speranza che il bimbo fosse ancora vivo ha accompagnato ogni minuto di quella giornata. Ma la realtà è arrivata come un colpo secco, infrangendo i sogni di una madre che aveva solo portato suo figlio al mare per un momento di felicità. Ora resta il vuoto, e un dolore che solo il tempo potrà forse attutire, ma mai cancellare.