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“Non si trovano più”. Cecilia travolta e uccisa da 4 ragazzi, la notizia che fa indignare è appena arrivata

Pubblicato: 13/08/2025 13:56

Martedì sera, dopo ore passate al comando della polizia locale di Milano, i quattro ragazzini che erano a bordo dell’auto rubata – quella che ha travolto e ucciso Cecilia De Astis – erano tornati al campo nomadi di via Selvanesco. Ma la loro permanenza è durata poco: mercoledì mattina, nel terreno dove vivono diverse famiglie di origine bosniaca, dei quattro non c’era più traccia.

I minori – il conducente 13enne, un 12enne, una bambina di 11 anni e un quarto ragazzino ancora più piccolo – erano stati riaffidati alle rispettive famiglie su disposizione della Procura dei minori, in attesa di ulteriori valutazioni. Nonostante l’omicidio stradale, infatti, vista la giovane età, non sono scattate misure cautelari immediate.

Lunedì mattina l’incidente mortale nel quartiere Gratosoglio: l’auto, rubata poche ore prima, era piombata su Cecilia De Astis, 71 anni, uccidendola sul colpo mentre attraversava la strada. A bordo del veicolo, tutti minorenni. Martedì, i quattro erano stati fermati e interrogati, ma a fine giornata erano stati riportati al campo.

Al mattino successivo però, quando le forze dell’ordine hanno fatto ritorno all’accampamento per ulteriori accertamenti, le famiglie dei quattro minori si erano dileguate. Le loro roulotte erano vuote. Nessuno sapeva dove fossero. Né i minori, né i genitori.

Nel campo di via Selvanesco restano dieci roulotte, tre donne e otto bambini. Le famiglie rimaste si tengono a distanza dalla vicenda, parlano poco, non vogliono essere coinvolte. «Sono andati a fare delle commissioni, a comprare acqua e cibo, cosa volete adesso?», ha detto una delle donne più anziane, seduta all’ombra con altri bambini.

«Noi non c’entriamo. I bambini sono stati ridati ai loro genitori, non gli hanno fatto nulla», ha proseguito, lasciando intendere che i minori non siano più lì, ma senza fornire ulteriori spiegazioni. Un silenzio carico di tensione e di omertà, in un luogo dove le regole si muovono in un confine sempre incerto tra diritto e consuetudine.

Lo scenario che si presenta agli investigatori è quello di un campo difficile da controllare: carcasse di auto bruciate, sterpaglie, rifiuti sparsi, un’area alla periferia sud di Milano dove lo Stato fatica a esercitare una presenza concreta. Ed è proprio in quel contesto che i quattro minori, già noti per altri episodi di microcriminalità, erano rientrati senza sorveglianza.

La Procura dei minori e la polizia stanno ora cercando di rintracciare le famiglie scomparse, per comprendere se ci sia stato un tentativo volontario di sottrarsi alle indagini. I quattro, non imputabili per età, potrebbero essere affidati ai servizi sociali. Ma senza una presa in carico immediata, il rischio è che tornino nell’ombra di una marginalità irrisolta.

Il caso solleva ancora una volta il tema del vuoto di tutela e di controllo sui minori che vivono in contesti di forte esclusione sociale. In assenza di misure concrete, questa tragedia – già difficile da accettare – rischia di diventare anche l’ennesimo esempio di una giustizia che non arriva in tempo.

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