
Faceva l’attore, ma più che per le sue imprese come stuntman e le sue apparizioni sullo schermo, era diventato famoso per essere stato “incendiato” (per ben 15 volte) per realizzare la copertina di uno dei dischi più famosi e apprezzati degli Anni 70: Wish you Were Here dei Pink Floyd.
È morto a 88 anni Ronnie Rondell Jr., lo stuntman che compare nella celebre copertina dell’album del grande gruppo inglese. Una carriera lunga e ricca di set prestigiosi – da How the West Was Won a The Crow fino a The Matrix Reloaded del 2003: ma fu quello scatto del 1975 a consegnarlo alla storia della musica e della cultura pop.
Lo scatto che fece la storia
Realizzata da Aubrey Powell per la Hipgnosis, la fotografia che campeggia sulla copertina dell’album ritrae due uomini in giacca che si stringono la mano tra i capannoni di Hollywood, mentre Rondell avvolto dalle fiamme diventa simbolo visivo dell’album.

Per ottenere quell’immagine iconica, lo stuntman venne incendiato più di quindici volte, protetto solo da una tuta ignifuga e una parrucca. Un colpo di vento gli bruciò sopracciglio e baffi, ma il risultato fu una delle copertine più riconoscibili nella storia del rock.
Un’immagine, un significato
Wish You Were Here, successore del monumentale The Dark Side of the Moon, era un’elegia dedicata a Syd Barrett e una riflessione sull’industria musicale capace di “bruciare” chi ne faceva parte. L’uomo in fiamme che stringe la mano divenne metafora dell’alienazione e del prezzo del successo.
Brani come Shine On You Crazy Diamond, Welcome to the Machine e Have a Cigar (cantata da Roy Harper) raccontavano proprio l’estraniamento e le ferite lasciate dal successo, temi che i Pink Floyd avrebbero ampliato con il concept album The Wall. Con la sua prova estrema, Ronnie Rondell Jr. contribuì a creare un’immagine destinata a rimanere impressa per sempre nella storia della musica e dell’arte visiva.