
Le prime gocce, fitte e pesanti, picchiavano sull’asfalto già scuro e viscido. Poi, il tuono sordo e un lampo che ha squarciato il cielo livido, rivelando per un istante la sagoma maestosa e allo stesso tempo fragile di un viadotto. Un’auto si avvicinava, i tergicristalli a velocità massima, la strada che si perdeva in un mare di nebbia e pioggia. Poi, dal rumore insistente del temporale, si è aggiunto un suono nuovo, un gemito strutturale, un tonfo sordo, come se qualcosa di immenso stesse cedendo. Il guidatore ha rallentato, istintivamente. Un secondo dopo, una porzione di parapetto, vinta dalla forza inesorabile dell’acqua, è crollata nel vuoto.
La vista si è persa in un precipizio, la pioggia che inghiottiva tutto. L’auto si è fermata, immobile, a pochi metri da un baratro inatteso, mentre la natura dimostrava ancora una volta la sua forza indomabile e l’ingegneria umana la sua vulnerabilità.
Cede il viadotto San Giuliano a Randazzo
L’evento drammatico che ha interessato il viadotto San Giuliano, situato nei pressi di Randazzo, ha riacceso i riflettori su una problematica che affligge una vasta porzione del territorio italiano: la fragilità delle infrastrutture viarie. Il crollo di porzioni di parapetto a seguito di un violento temporale ha fortunatamente risparmiato vite umane, ma ha esposto in maniera inequivocabile la precarietà di un’opera che, come molte altre, mostra da tempo segni evidenti di degrado. Questo episodio non è solo un campanello d’allarme per la sicurezza degli automobilisti, ma rappresenta un monito sulle conseguenze dell’abbandono e della mancata manutenzione di opere civili che sono il fondamento della mobilità e dello sviluppo economico.
Le immagini che hanno fatto il giro del web e dei telegiornali sono emblematiche e allo stesso tempo sconcertanti. Mostrano un’infrastruttura che appare sfinita dal tempo e dagli agenti atmosferici, con il calcestruzzo che si sbriciola e le armature in ferro corrose dalla ruggine. Il crollo dei parapetti non è stato un evento improvviso, ma l’epilogo di un lungo processo di deterioramento che le autorità locali e gli automobilisti conoscevano bene. Si tratta di un cedimento che arriva dopo anni di segnalazioni e timori, un fatto che solleva interrogativi non solo sulla gestione dell’infrastruttura specifica, ma su una più ampia strategia di prevenzione e intervento sul patrimonio infrastrutturale nazionale.
Le conseguenze sul territorio e il timore dell’isolamento
La chiusura precauzionale del ponte, sebbene necessaria per garantire l’incolumità pubblica, ha generato una profonda preoccupazione tra i comuni dei Nebrodi. Per queste comunità, il viadotto San Giuliano non è solo un’arteria di passaggio, ma un collegamento vitale con il resto della regione e con i centri di servizio principali. L’interruzione della circolazione comporta inevitabilmente l’allungamento dei percorsi, con impatti diretti sulla vita quotidiana dei residenti, sui trasporti commerciali e sull’accessibilità ai servizi essenziali, come ospedali e scuole. Il timore dell’isolamento, per zone già geograficamente svantaggiate, non è infondato e amplifica la sensazione di essere lasciati soli ad affrontare emergenze che richiedono risposte rapide e risolutive. Le economie locali, basate spesso sul turismo e sull’agricoltura, potrebbero subire gravi ripercussioni a causa delle difficoltà logistiche.
In risposta all’emergenza, Anas, la società che gestisce la rete stradale, ha immediatamente avviato lavori di messa in sicurezza e ha disposto la chiusura totale del viadotto. Queste azioni, seppure doverose, rappresentano solo il primo passo di un percorso che si preannuncia lungo e complesso. La fase successiva richiederà una valutazione tecnica approfondita per comprendere l’entità dei danni strutturali e per pianificare un intervento di ripristino o di ricostruzione. Le prospettive future dovranno includere non solo la riparazione del ponte in questione, ma una revisione generale delle procedure di manutenzione e controllo per tutte le infrastrutture simili. È fondamentale che si passi da una logica di intervento emergenziale, che scatta solo dopo il verificarsi di un evento critico, a un approccio di manutenzione preventiva e di monitoraggio costante. Solo così sarà possibile evitare che eventi simili si ripetano e che la sicurezza dei cittadini venga messa a repentaglio.