
Non ci sono nomi né luoghi, solo il racconto di una violenza inspiegabile, l’epilogo di una relazione finita nel peggiore dei modi. Un uomo, accecato da una gelosia che da mesi aveva preso il sopravvento sulla sua vita, ha raggiunto la donna che aveva amato e l’ha sorpresa sul posto di lavoro. Un attimo di lucida follia, forse dettato dal dolore e dalla rabbia, ha trasformato un coltello in un’arma fatale.
Le sue parole, pronunciate nell’istante più buio, hanno mostrato quanto profondo fosse il risentimento che lo animava. Una morte improvvisa, ma non inaspettata per chi, da mesi, viveva nel terrore di un epilogo annunciato.
La convalida dell’arresto e il movente
È stato convalidato l’arresto per Umberto Efeso, l’autotrasportatore di 57 anni, reo confesso dell’omicidio della moglie, Tiziana Vinci. La vicenda, avvenuta il 14 agosto 2025 in una villa privata nella provincia della Spezia, ha scosso l’opinione pubblica. L’ipotesi di reato, confermata dal gip, è quella di omicidio volontario pluriaggravato, dalla premeditazione e dal vincolo coniugale. Le indagini hanno rivelato che l’uomo, divorato dalla gelosia dopo la separazione dalla moglie, ha messo in atto un piano che, purtroppo, ha portato alla morte della donna.
La testimonianza cruciale di una collega di Tiziana ha permesso di ricostruire la dinamica dell’omicidio. Umberto Efeso ha sorpreso la moglie sul luogo di lavoro e l’ha colpita con tre coltellate al fianco. Le sue parole, riportate dalla testimone, sono state: “Non dovevi mettermi contro i figli”. Questa frase rivela il profondo risentimento dell’uomo nei confronti della moglie, a cui imputava la fine del legame con i loro sei figli. Un drammatico epilogo che i familiari e gli amici di Tiziana avevano purtroppo previsto. La donna era costantemente pedinata e minacciata da mesi con frasi agghiaccianti come “Farai una brutta fine” e “Ti taglio la testa”.
Efeso ha “confessato” di aver ucciso l’ex moglie al suo datore di lavoro, l’imprenditore della Logistica Alessandro Laghezza, lo stesso datore di lavoro di Tiziana, con un messaggio vocale. Il 57enne ha inviato al cellulare di Laghezza un messaggio nel quale si scusava e chiedeva perdono, incolpando, però, i figli di aver “condizionato la madre”.
“E ora devono piangere amaro, – dice Efeso nel messaggio – la devono tenere sulla coscienza. Loro l’hanno ammazzata, io l’amavo mia moglie. Era la vita mia mia moglie”. Poco prima, Efeso aveva mandato anche un messaggio vocale a un amico: “Ho ammazzato mia moglie” ha detto, anche in questo caso incolpando i figli.

La misura cautelare fallita
La vittima, consapevole del pericolo, aveva già denunciato le minacce e il comportamento ossessivo di Efeso. Le sue segnalazioni avevano portato all’applicazione della misura cautelare del braccialetto elettronico nel giugno 2025. Una misura, tuttavia, che non è riuscita a proteggerla. Dopo il delitto, Efeso si è liberato dell’apparecchio, gettandolo via durante la sua fuga in auto. Lo stesso avvocato dell’uomo ha confermato che il braccialetto, che in passato aveva già mostrato dei malfunzionamenti, è stato rimosso e abbandonato. La fuga si è conclusa alla caserma dei Carabinieri di Ceparana, dove l’uomo si è costituito. Nelle sue dichiarazioni, continua a ripetere di aver “voluto solo parlare” con la moglie, un’affermazione che contrasta nettamente con la violenza e la premeditazione del delitto.