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Leader Ue scortano Zelensky da Trump, prima volta nella storia: “Putin vuole la capitolazione, non la pace”

Pubblicato: 18/08/2025 06:53

Non era mai accaduto prima: i leader europei che si muovono insieme, di persona, per scortare il presidente Zelensky alla Casa Bianca. È un gesto carico di significato, la prova che l’Europa, troppo spesso accusata di essere timida e divisa, sceglie stavolta di presentarsi come un blocco compatto. Una missione che ha il sapore di un atto politico e simbolico: non lasciare Kiev da sola davanti al ricatto di Trump e Putin.

Dall’altra parte del tavolo, infatti, la proposta americana porta la firma dello zar russo: cessione di Donbass, Zaporizhzhia e Kherson in cambio di vaghe garanzie di sicurezza. Una “pace mutilata” che equivarrebbe a una resa mascherata, consegnando a Putin il bottino di guerra. Per questo gli europei alzano la voce e provano a spezzare il gioco al ribasso della coppia Putin-Trump.

Non un compromesso, ma una trappola

Il rischio è evidente: accettare quelle condizioni significherebbe sancire la vittoria dell’aggressore e aprire la strada a nuovi conflitti. Lo dice chiaramente Macron, quando avverte che “Putin non vuole la pace, ma la capitolazione dell’Ucraina”. Ed è proprio qui che l’Europa deve mostrare fermezza. Perché, se passasse il principio che si può ridisegnare una mappa con i carri armati, nessuno Stato sarebbe più al sicuro.

La verità è che l’Ucraina non combatte solo per sé. Difende un ordine internazionale fatto di regole, non di soprusi. Trump, al contrario, spinge per una soluzione rapida, sacrificando la dignità di Kiev per poter intestarsi un successo elettorale. Ma in gioco non c’è la propaganda di un presidente americano: c’è il futuro del continente.

La posta in gioco

Gli europei portano a Washington una proposta chiara: pace “giusta e duratura”, “nessuna cessione dei territori”, “pressione crescente sulla Russia con le sanzioni”, “sostegno illimitato alla difesa di Kiev”. Non slogan, ma una linea di principio che vale come difesa della civiltà europea. Non si tratta di respingere ogni compromesso: si tratta di rifiutare la trappola che Putin e Trump hanno costruito insieme.

È vero, Kiev oggi non è in posizione di forza. È vero che gli eserciti russi occupano ancora vaste aree. Ma arrendersi significherebbe riconoscere che la violenza paga, che l’Europa è destinata a piegarsi. Ecco perché questa missione, la prima nella storia con tanti leader a fianco di Zelensky, non è solo diplomazia: è un segnale di resistenza, una scelta di campo.

L’ultima parola spetta al presidente ucraino. Ma stavolta, almeno, non la pronuncerà da solo.

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