
Dietro le immagini patinate del summit di Anchorage, le strette di mano e le frasi sulla pace, si cela un gioco molto più oscuro, con segreti inconfessabili, ricatti, progetti mosteriosi. Per questo Donald Trump non si è limitato a rilanciare la proposta di Vladimir Putin per un cessate il fuoco in Ucraina.
Il Presidente Usa ha scelto di farsene portavoce, assumendo su di sé il peso politico di una linea che a Washington non vuole nessuno. Ma perché? Che cosa ha spinto l’ex presidente a prestarsi così apertamente agli interessi di un leader che gli apparati americani considerano, almeno ufficialmente, un avversario strategico?
L’Artico come moneta geopolitica e i “misteri” nei cieli
Il primo indizio viene dall’Artico. Putin ha messo sul tavolo il tesoro del XXI secolo: le terre rare. Minerali come neodimio e disprosio che servono per tecnologie avanzate, oggi controllate in gran parte dalla Cina. Mosca offre accesso a riserve immense e logistica pronta all’uso, dai rompighiaccio nucleari ai porti artici. Trump, che teme il ricatto di Pechino, sembra aver colto l’offerta come un varco strategico. Ma non basta a spiegare tanta solerzia.
Secondo fonti diplomatiche, il summit non si è fermato ai ghiacci polari. Nei colloqui riservati sono comparsi dossier che bruciano. Tre i temi principali: il caso Epstein, le nuove tecnologie militari e – per quanto a qualcuno possa sembrare sorprendente – gli UAP (o, come si chiamavano fino a poco tempo fa, Ufo), fenomeni aerei non identificati registrati da entrambe le superpotenze.
Dopo il disclosure che ha visto molti militari americani testimoniare dei loro incontri con oggetti misteriosi in cielo e in mare, Trump avrebbe accentrato il controllo di questi fenomeni sotto la guida diretta della Casa Bianca. Si tratta di un argomento borderline che, però, ha profonde implicazioni tecnologiche e di sicurezza: perché se queste tecnologie appartenessero a una superpotenza terrestre (la Cina) questo creerebbe enormi problemi sia alla Russia, sia agli Stati Uniti.

Epstein, l’ombra che non passa
Ma a tenere banco è la losca vicenda Epstein: Putin, infatti, potrebbe detenere materiali compromettenti o comunque preziosi. Un ventaglio di informazioni che per Trump, sotto pressione politica e giudiziaria in patria, fa temere la possibilità di un “ricatto preventivo“.
È il capitolo che fa più paura: Jeffrey Epstein, il finanziere al centro di scandali e legami pericolosi con l’élite globale. L’idea che anche Mosca disponga di documenti esplosivi circola con insistenza nei circuiti dell’intelligence. “Le informazioni emergeranno comunque”, spiega una fonte, “ma oggi Putin ha il coltello dalla parte del manico”. Non è difficile intuire che per Trump questo tavolo non serva solo a trattare di geopolitica, ma anche a proteggere se stesso.
La “pace personale” di Trump e il gesto anomalo di Melania
Mentre l’establishment americano non concede spiragli al Cremlino, Trump costruisce una sua “pace personale”, incurante di sembrare isolato. Nei corridoi del potere circola persino una proposta attribuita a Hillary Clinton: il Nobel per la pace se l’ex presidente accettasse di sostenere la linea dura sull’Ucraina. Un’offerta che somiglia più a una trappola che a un premio, e che conferma quanto alta sia la posta in gioco.
A rendere l’incontro ancora più anomalo, il gesto di Melania Trump, che ha consegnato a Putin una lettera dedicata al dramma dei bambini ucraini rapiti. Un tocco umanitario che però, inserito in questo mosaico di scambi sotterranei, appare quasi come un sipario dietro cui si gioca un’altra partita.