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“È per colpa dei vaccini, te lo meriti!”. Matteo Bassetti shock, il noto primario nei guai: cos’è successo

Pubblicato: 19/08/2025 13:46

In una società sempre più polarizzata e frammentata, il clima di tensione e conflitto dialettico ha raggiunto livelli preoccupanti, estendendosi a campi che per loro natura dovrebbero rimanere al riparo da strumentalizzazioni, come la scienza e la medicina.

L’episodio che ha visto protagonista il Professor Matteo Bassetti, infettivologo di fama e figura spesso al centro del dibattito pubblico, è la manifestazione plastica di questa deriva. Le minacce ricevute non sono un semplice atto isolato di un singolo squilibrato, ma il sintomo di una malattia più profonda che affligge il nostro tessuto sociale, dove il dissenso si traduce in intolleranza e la discussione razionale cede il passo all’insulto e, in casi estremi, alla violenza verbale e, potenzialmente, fisica.

L’escalation del conflitto e le sue radici

L’incidente che ha coinvolto il Professor Bassetti si inserisce in un contesto di escalation che ha avuto un’accelerazione significativa negli ultimi anni, in particolare con l’avvento della pandemia di COVID-19. La pandemia, un evento di portata storica che ha scosso le fondamenta della società moderna, ha generato non solo una crisi sanitaria, ma anche una profonda crisi di fiducia nelle istituzioni, nella scienza e nei media. L’incertezza e la paura hanno creato un terreno fertile per la proliferazione di teorie del complotto, disinformazione e un forte sentimento di sfiducia verso l’autorità. Figure come Bassetti, che si sono assunte il compito di comunicare la scienza in modo chiaro e diretto, sono diventate bersagli prediletti per coloro che, per motivi ideologici, politici o semplicemente per un senso di smarrimento, hanno rigettato il consenso scientifico.

La politicizzazione della scienza

Uno degli aspetti più deleteri di questo fenomeno è la politicizzazione della scienza. La battaglia sui vaccini, che ha preceduto e accompagnato la pandemia, è stata trasformata da una questione di salute pubblica in una bandiera ideologica. Come sottolinea lo stesso Bassetti, l’errore più grande è far passare l’idea che l’adesione alla vaccinazione sia un presidio “di sinistra” e il rifiuto una posizione “di destra”. Questa semplificazione grossolana non solo è falsa, ma ha l’effetto di avvelenare il dibattito, rendendo impossibile una discussione serena e basata sui fatti. La scienza, per sua natura, non ha colore politico; si basa su dati, evidenze e un metodo rigoroso. Quando la politica invade questo campo, imponendo nomine basate su affinità ideologiche piuttosto che su competenza e merito, il risultato è una perdita di credibilità non solo per gli esperti, ma per le istituzioni stesse.

Le conseguenze di un clima tossico

Le conseguenze di questo clima tossico sono multiple e devastanti. In primo luogo, danneggiano la salute pubblica. Se i cittadini non hanno più fiducia nei medici e negli scienziati, le campagne di vaccinazione e altre misure preventive diventano inefficaci, con un potenziale impatto negativo sulla diffusione di malattie infettive. In secondo luogo, le continue minacce e l’ostilità possono scoraggiare i giovani a intraprendere carriere nel campo della ricerca e della medicina, impoverendo il nostro futuro scientifico. Infine, e forse più importante, un ambiente in cui il confronto civile è sostituito dall’odio mina i fondamenti stessi della democrazia. La libertà di espressione è un diritto fondamentale, ma non può e non deve essere confusa con l’incitamento alla violenza o con la diffusione di menzogne pericolose.

L’appello di Bassetti a “abbassare i toni” non è solo una richiesta personale, ma un invito accorato a riconsiderare il nostro modo di interagire e di dibattere. È un appello rivolto in primis alla politica e ai media, che hanno la responsabilità etica di informare in modo corretto e di non fomentare divisioni per calcolo elettorale o per vendite. La politica dovrebbe tornare a occuparsi di politica e lasciare che la scienza si occupi di scienza, affidandosi agli esperti e rispettando le loro conclusioni basate su dati e ricerca. Allo stesso modo, i giornalisti dovrebbero esercitare il loro ruolo di mediatori e divulgatori, evitando sensazionalismi e dando voce a un dibattito equilibrato. Solo attraverso un ritorno a un dialogo costruttivo e rispettoso sarà possibile sanare le ferite di un conflitto che non sta solo mettendo a rischio la vita e l’incolumità dei singoli, ma sta compromettendo la coesione sociale nel suo complesso.

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