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Sinner, il corpo che trema: ombre sulla tenuta del numero uno

Pubblicato: 19/08/2025 08:14

Il ritiro in finale a Cincinnati, arrivato dopo appena cinque game contro Carlos Alcaraz, segna una tappa dolorosa nella parabola di Jannik Sinner. Non è la prima volta che il numero uno del mondo è costretto a fermarsi, ma è la prima volta che accade sul palcoscenico di una finale, davanti a migliaia di spettatori e in diretta mondiale. Una scelta sofferta, presa per rispetto del gioco e dei tifosi, come ha ammesso lui stesso al termine dell’incontro. Ma che apre nuovamente il capitolo più spinoso della sua carriera: quello dei malesseri e dei ritiri, episodi che negli anni hanno disegnato una mappa parallela, quella della sua fragilità fisica.

Un campione abituato a spingersi oltre, Jannik ha sempre cercato di trasformare le cadute in ripartenze. Ma ogni ritiro lascia una traccia, alimentando i dubbi sulla resistenza di un fisico che deve reggere l’urto di un tennis sempre più intenso, fatto di scambi lunghissimi e di una pressione psicologica che non concede tregua.

Gli episodi più noti

Tra le immagini indelebili ci sono quelle degli Australian Open 2025, negli ottavi contro Holger Rune: Sinner piegato sullo sgabello, il volto schiacciato nell’asciugamano, le mani che tremano, il caldo che lo stremava insieme ai problemi di stomaco. In quell’occasione bastò una pausa e il fisioterapista per permettergli di rientrare e vincere.

Non altrettanto a Wimbledon 2024, nei quarti con Medvedev. Dopo due set equilibrati, Jannik accusò vertigini improvvise. Un medical time-out, dieci minuti negli spogliatoi e il tentativo di rientrare. Giocò fino al quinto set, ma perse. La diagnosi arrivò solo a sera: un virus. Anni prima, al Roland Garros 2022, fu il ginocchio sinistro a tradirlo negli ottavi contro Rublev, lo stesso che aveva già scricchiolato nel turno precedente contro McDonald.

Una serie che parte da lontano

Il primo ritiro è datato Vienna 2020. Giovanissimo, agli ottavi contro Rublev, Sinner si fermò dopo appena nove minuti per una vescica al piede. Da allora, gli episodi si sono ripetuti. A Miami 2022, nei quarti con Cerundolo, cedette dopo 22 minuti ancora per colpa delle vesciche. Sempre nel 2022, a Sofia, una caduta in semifinale contro Rune provocò la torsione della caviglia destra: Jannik si arrese quando il danese conduceva 5-7 6-4 5-2. Nel 2023, a Halle, un problema muscolare alla gamba sinistra lo costrinse a fermarsi nel secondo set contro Bublik.

Accanto a questi stop in campo ci sono i forfait “preventivi”, decisioni prese prima di scendere in campo: Indian Wells 2022, Barcellona e Parigi-Bercy 2023, fino a Madrid 2024. Segnali che confermano come la gestione fisica resti una delle grandi sfide del suo percorso.

La sfida con il corpo

Il filo che unisce questi episodi è chiaro: un fisico che a volte sembra non reggere il ritmo imposto dal tennis moderno, con partite maratona e un calendario che non lascia respiro. Non si tratta solo di infortuni traumatici, ma anche di cali improvvisi, virus, problemi di stomaco, episodi che hanno minato la continuità di un giocatore di altissimo livello. Ogni volta Jannik ha reagito con orgoglio, rialzandosi subito e cercando di cancellare le ombre. Ma oggi, alla vigilia degli Us Open, resta la sensazione che la sfida più grande non sia contro Alcaraz o gli altri rivali, bensì contro la tenuta del suo stesso corpo.

Il rischio di perdere il primato mondiale è reale, così come il peso psicologico di questi stop. Ma Sinner ha già dimostrato di saper trasformare la debolezza in forza, di saper ripartire dopo ogni inciampo. Cincinnati entra nella lista dei momenti difficili, ma anche nel mosaico di un campione che, per restare al vertice, dovrà imparare a vincere prima di tutto la sua battaglia più segreta: quella contro la fragilità.

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