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Vertice di Washington, la regia di Trump e i paletti di Zelensky: il mondo tra il baratro della guerra e la speranza di pace

Pubblicato: 19/08/2025 07:41

Il vertice alla Casa Bianca si è svolto in un clima insolitamente disteso rispetto al precedente faccia a faccia di sei mesi fa. Trump e Zelensky hanno messo sul tavolo i nodi centrali per fermare la guerra, con accanto l’asse europeo: Nato con Mark Rutte, Commissione europea con Ursula von der Leyen e i leader Giorgia Meloni, Emmanuel Macron, Keir Starmer, Friedrich Merz, Alexander Stubb. La fotografia è chiara: messaggio di unità occidentale, con gli europei schierati a sostegno di Kiev.

La regia è stata però statunitense e personale. In una pausa dei colloqui, Trump ha chiamato Putin: quaranta minuti al telefono e, poco prima delle 18 locali, l’annuncio su Truth di “accordi avviati” per un bilaterale Putin–Zelensky, seguito da un trilaterale con lui. Secondo Axios, obiettivo “a breve”, addirittura entro fine agosto. In uscita dalla Casa Bianca, Merz ha scandito che “ci sarà un incontro entro due settimane”, mentre Zelensky ha frenato: data non fissata e richiesta russa di partire da un bilaterale.

Regia americana e cautela russa

Dal Cremlino nessuna conferma: solo il riferimento all’idea di “alzare il livello” del negoziato tra Russia e Ucraina. Il consigliere Yuri Ushakov ha definito la telefonata “molto franca e costruttiva”, formula che in diplomazia – quando si dice “franca” – segnala divergenze rimaste sul tavolo. Tradotto: c’è apertura sul metodo, non ancora sul merito.

Su quest’ultimo fronte, Trump ha indicato l’architrave della pace che immagina: garanzie di sicurezza per l’Ucraina fornite dai Paesi Ue, con coordinamento degli Stati Uniti. Gli europei come “prima linea di difesa”, Washington “coinvolta”. Zelensky ha precisato che servono un esercito “forte”, addestramento e intelligence. Alla domanda sui soldati americani, Trump non ha chiuso la porta (“ve lo faremo sapere”), salvo non tornare più sull’ipotesi, ribadendo però “molto aiuto” in termini di sicurezza.

La mappa dei compromessi

Il dossier più sensibile – i territori – è stato trattato lontano dai microfoni. Alcune immagini li mostrano su una mappa, ma dagli ucraini filtra la linea: il tema va sciolto solo in un negoziato diretto con Putin. Fonti citate da Fox News raccontano di “suggerimenti gentili” arrivati da americani ed europei su cosa sia davvero critico mantenere e cosa, eventualmente, cedere. L’idea è di far rientrare Zelensky con un messaggio da lavorare in patria e una contro–offerta possibile, a patto che le garanzie di sicurezza siano “vere”.

Sul terreno materiale della sicurezza, Zelensky ha detto che l’Ucraina si è offerta di acquistare armi statunitensi per 90 miliardi di dollari. In parallelo, i Paesi europei hanno confermato nuovi impegni per forniture di sistemi – compresi i Patriot – acquistati dall’industria Usa per sostenere Kiev. L’architettura che prende forma, dunque, è una cintura occidentale a guida congiunta: capitale europeo, coordinamento americano.

Che cosa esce davvero dal vertice? Primo, il metodo: Washington tenta di incardinare il processo su un bilaterale rapido e un trilaterale di formalizzazione politica. Secondo, la cornice: europei “in avanti” sul ruolo di prima linea, Stati Uniti “dietro” ma presenti. Terzo, i limiti: la prudenza del Cremlino, l’assenza di una data certa e l’irrisolto nodo dei territori. Nulla è deciso, ma la traiettoria è segnata: senza garanzie di sicurezza credibili e una mappa del compromesso sostenibile a Kiev, ogni annuncio resterà un segnale e non un punto di svolta.

Il prossimo passaggio – se davvero ci sarà l’incontro Putin–Zelensky – dirà quanto il format scelto da Trump potrà trasformarsi in sostanza. Per ora, l’Occidente ha mostrato coesione e una regia, l’Ucraina ha indicato le sue priorità, la Russia ha mantenuto margini di ambiguità. È la pre–partita di una trattativa vera: contano le garanzie, contano i territori, conta la tenuta dell’asse Ue–Usa. Tutto il resto è cornice.

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