
Nuovo capitolo nella fitta trama diplomatica che, in questi giorni, vede protagonisti Donald Trump, Volodymyr Zelensky e Vladimir Putin. Dopo la telefonata con il presidente russo nel pieno del vertice con i leader europei e il capo di Stato ucraino, il presidente degli Stati Uniti ha chiamato anche il premier ungherese Viktor Orbán per chiedergli di rimuovere il veto sull’adesione dell’Ucraina all’Unione Europea. La notizia è stata riportata da Bloomberg e rilanciata dai media internazionali.
Secondo le fonti, Trump avrebbe esortato Orbán a non ostacolare il percorso europeo di Kiev, considerato da Washington e da diversi partner Ue un tassello fondamentale per rafforzare la stabilità politica e la sicurezza nel continente. L’Ungheria, da parte sua, ha ribadito le proprie riserve: in un messaggio pubblicato su Facebook, Orbán ha scritto che «l’adesione dell’Ucraina all’Unione Europea non offre alcuna garanzia di sicurezza» e che «collegare l’allargamento a impegni militari o garanzie difensive sarebbe inutile e pericoloso».
L’Ungheria apre le porte ai negoziati
Nonostante la linea dura sull’ingresso di Kiev nell’Ue, Budapest ha fatto un’apertura sul fronte negoziale. Orbán avrebbe offerto la disponibilità del Paese a ospitare un incontro tra Putin e Zelensky, eventualmente con la mediazione dello stesso Trump. L’idea di un vertice trilaterale, già anticipata dall’inquilino della Casa Bianca, resta ancora in fase embrionale, ma indica la volontà americana di accreditarsi come garante di un processo di dialogo, dopo oltre tre anni e mezzo di guerra.
Le mosse di Trump: telefonate e diplomazia parallela
Il pressing su Orbán si inserisce in una strategia più ampia che Trump ha messo in campo nelle ultime settimane. Pochi giorni fa, durante un incontro a Washington con Zelensky e alcuni leader europei, il presidente Usa aveva rivelato di aver chiamato direttamente Putin per discutere della possibilità di un tavolo di pace. Una mossa che ha colto di sorpresa gli alleati, rivelando il tentativo di riportare il conflitto ucraino al centro di un’iniziativa diplomatica a marchio americano.
Secondo Trump, il vertice tra i due leader potrebbe svolgersi «in un luogo ancora da definire» e dovrebbe avere come obiettivo la costruzione di un percorso verso il cessate il fuoco. La proposta ha trovato reazioni contrastanti in Europa: se da un lato alcuni Paesi vedono positivamente un ritorno al dialogo, dall’altro restano forti i timori che Mosca possa sfruttare i negoziati per congelare la situazione militare senza reali concessioni.
Zelensky tra speranza e cautela
Il presidente ucraino si muove con prudenza. Da un lato, l’apertura di Trump a un negoziato rappresenta una possibilità che Kiev non può ignorare, soprattutto dopo mesi di difficoltà sul campo e il logoramento interno dovuto al conflitto. Dall’altro, Zelensky sa che un incontro con Putin, senza condizioni chiare, rischia di trasformarsi in un vantaggio per il Cremlino. Per questo, al fianco della diplomazia americana, continua a cercare garanzie solide da parte dell’Unione Europea e della Nato.
La posta in gioco
La telefonata a Orbán mostra quanto i rapporti di forza si stiano ridefinendo: da un lato gli Stati Uniti che tentano di imporre un ritmo nuovo al processo di pace, dall’altro l’Ungheria che, pur rimanendo parte dell’Ue, mantiene una posizione autonoma, spesso in sintonia con Mosca. Nel mezzo, l’Ucraina, che punta a blindare la propria collocazione occidentale e a ottenere garanzie di sicurezza per il futuro.
Il percorso resta incerto, ma le mosse di queste ore segnalano che qualcosa si sta muovendo. La disponibilità di Budapest a ospitare un vertice e l’attivismo di Trump potrebbero aprire uno spiraglio diplomatico in una guerra che dura ormai da quasi quattro anni. Tuttavia, la distanza tra le parti resta enorme e la domanda cruciale rimane la stessa: Putin è davvero pronto a negoziare, o si tratta solo di guadagnare tempo?