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Alpinista italiano muore nel tentativo di soccorrere una collega: il dramma in un secondo

Pubblicato: 21/08/2025 07:34

Un gesto di altruismo estremo si è trasformato in tragedia. Un alpinista italiano ha perso la vita nei giorni scorsi durante una missione di soccorso sul Pobeda Peak (7.439 metri), la vetta più alta della catena del Tian Shan, al confine tra Kirghizistan e Cina. L’uomo, di cui non sono ancora state rese note le generalità, aveva raggiunto insieme a un compagno tedesco la collega Natalia Nagovitsyna, 47enne russa, bloccata da oltre una settimana sulla montagna a causa di una gamba rotta.

Secondo quanto riportato dal Club alpino italiano, che cita fonti del ministero della Difesa kirghiso, i due soccorritori erano riusciti a localizzare la donna e a fornirle beni essenziali: un fornello, cibo e una bombola di gas. Esausti, avevano trascorso la notte in quota prima di tentare la discesa. Durante il rientro, però, una violenta tempesta li ha colti di sorpresa. L’italiano ha riportato ipotermia e un grave congelamento alle mani, complicazioni che, secondo i media locali, hanno portato a un edema cerebrale rivelatosi fatale.

La corsa contro il tempo per Natalia

Per la collega russa, le speranze si riducono di ora in ora. Diversi i tentativi di recupero già effettuati, almeno tre, ma tutti ostacolati dall’altitudine e dal maltempo. La donna, pur disponendo di acqua e viveri, si trova in condizioni definite drammatiche. Anche un’operazione con elicottero è fallita a causa delle avverse condizioni meteo.

Secondo i soccorritori locali, per raggiungere l’alpinista bloccata occorreranno ancora 4-5 giorni di cammino attraverso una zona particolarmente impervia. Una lotta contro il tempo in cui ogni ora diventa decisiva per la sopravvivenza di Natalia.

Pobeda Beak, i rischi sottovalutati

Il Pobeda Peak, conosciuto anche come Picco della Vittoria, è la vetta più alta della catena del Tian Shan, con i suoi 7.439 metri. Considerata una delle montagne più difficili e letali dell’Asia centrale, è spesso paragonata all’Everest e al K2 per le condizioni estreme che mette di fronte agli alpinisti. Il suo nome, legato alla vittoria sovietica nella Seconda guerra mondiale, contrasta con la tragica fama che si è costruito negli anni: si calcola che il tasso di mortalità delle spedizioni sia tra i più alti al mondo.

Il rischio maggiore è rappresentato dal clima instabile e violento: tempeste improvvise, forti venti e temperature estreme possono cogliere di sorpresa anche gli alpinisti più esperti. Non a caso, molte spedizioni hanno registrato incidenti gravi o si sono concluse con ritiri forzati. La combinazione di quota elevata, difficoltà tecniche e isolamento rende i soccorsi particolarmente complicati, come dimostra anche il caso recente.

Negli ultimi decenni il Pobeda Peak ha attirato scalatori da tutto il mondo, ma ha lasciato dietro di sé una lunga scia di vittime. Per questo, nell’ambiente alpinistico, viene spesso descritto come una “montagna proibita”, simbolo tanto di sfida quanto di pericolo estremo.

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