
Il cammino verso un accordo di pace tra Russia e Ucraina si gioca anche sulle scelte militari dei Paesi occidentali. A trasformare le promesse di garanzie di sicurezza in numeri e mezzi sono i capi di stato maggiore europei e americani, chiamati a presentare al presidente ucraino Volodymyr Zelensky piani concreti prima del suo atteso faccia a faccia con Vladimir Putin.
Il leader ucraino ha ribadito che non discuterà alcuna ipotesi di cessione di territori senza prove tangibili dell’impegno occidentale. Da qui la necessità di arrivare a un pacchetto chiaro: un ventaglio di opzioni militari, calibrate in base alle resistenze interne degli alleati e alla prevedibile contrarietà di Mosca.
Dietrofront di Trump sul vertice
Intanto, da Washington arriva una notizia che gela i progetti di pace: Donald Trump ha deciso di fare un passo indietro nella mediazione Russia e Ucraina e vuole che Mosca e Kiev organizzino un incontro tra i loro leader senza intervenire direttamente per ora. Lo hanno riferito funzionari della Casa Bianca al Guardian. In un’intervista con il conduttore del talk Mark Levin martedì, il presidente ha anche affermato di ritenere che sarebbe stato meglio per Putin e Zelensky incontrarsi senza di lui, in un primo momento. Un alto funzionario Usa ha definito la nuova posizione del tycoon una sorta di “atteggiamento attendista”, testimoniato anche dal fatto che Trump ha affidato il dossier a Rubio.
Le tre ipotesi sul tavolo
Gli scenari delineati oscillano tra tre livelli: “Strong”, “Medium” e “Light”.
- La prima prevede l’invio di tre brigate complete di tank e artiglieria per difendere Kiev, Kharkiv e Sumy, con un contingente stimato tra 15 e 20 mila uomini a rotazione. Una forza robusta, ma che richiederebbe impegni di lungo periodo, mentre Francia, Germania e Gran Bretagna scontano organici ridotti e carenze di mezzi moderni, come droni e carri armati.
- L’opzione “Medium” abbassa il livello di esposizione: due brigate leggere in Ucraina occidentale, lontano dal fronte, e una brigata corazzata in Polonia, con possibile contributo di olandesi, danesi, norvegesi o italiani.
- La versione “Light” riduce ulteriormente la presenza diretta: brigate concentrate in Polonia, a ridosso del confine, con solo istruttori militari inviati a Leopoli per addestrare i soldati di Kiev.
Il nodo politico e la posizione italiana
Le difficoltà operative si intrecciano con i calcoli politici. La Russia ha avvertito che la presenza di truppe NATO in Ucraina costituirebbe un rischio di “escalation incontrollata”. L’Italia ha già preso una posizione netta: nessun reparto sul suolo ucraino, come ha ribadito il ministro della Difesa Guido Crosetto, nonostante inizialmente fosse stato ipotizzato un contributo di 2-3 mila soldati.
L’ipotesi navale e il ruolo di Trump
Accanto alle forze di terra, si valuta anche una missione navale nel Mar Nero con base a Costanza, in Romania, per proteggere i traffici da e verso Odessa. L’operazione prevederebbe navi antisommergibile, unità contraeree e cacciamine, restando però in acque internazionali.
La grande novità arriva dagli Stati Uniti: Donald Trump si è detto pronto a offrire copertura aerea, con squadriglie di F-35 schierati in Polonia e Romania. Una mossa che rafforzerebbe la deterrenza, garantendo a Kiev la superiorità aerea su tutto il Paese, considerato che l’aviazione russa non appare oggi in grado di sostenere uno scontro diretto.
Le regole di ingaggio, il punto cruciale
Resta però da chiarire la questione più delicata: quali eventi faranno scattare l’intervento delle forze di garanzia? Zelensky vuole clausole nette, senza ambiguità che possano mettere a rischio la protezione promessa. Le esperienze passate, dalla Somalia alla Bosnia fino all’Afghanistan, mostrano come l’incertezza sulle regole di ingaggio abbia spesso limitato l’efficacia delle missioni internazionali.
La solidità delle garanzie militari sarà quindi la chiave per aprire o chiudere la strada ai negoziati di pace.