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La Cina si fa avanti: “Pronti a mandare truppe a Kiev”

Pubblicato: 23/08/2025 16:43

La prospettiva di un coinvolgimento diretto della Cina nel conflitto ucraino apre nuovi scenari sul piano diplomatico e militare. Secondo indiscrezioni riportate dalla stampa internazionale, Pechino avrebbe manifestato la propria disponibilità a contribuire con truppe di peacekeeping, ma solo nel quadro di un preciso mandato delle Nazioni Unite.

La notizia arriva in un momento di forti tensioni, in cui la comunità internazionale continua a cercare vie di mediazione per fermare le ostilità. L’ipotesi di un ingresso cinese, seppur con funzioni di stabilizzazione e non di combattimento, avrebbe un peso geopolitico significativo, considerando il ruolo di Pechino nei rapporti con Mosca e con l’Occidente.

Il ruolo della Cina nel conflitto ucraino

Secondo quanto riportato dal quotidiano tedesco Welt am Sonntag, le informazioni proverrebbero da fonti diplomatiche europee che avrebbero avuto conferma da ambienti vicini al governo di Pechino. L’impegno cinese, tuttavia, non sarebbe incondizionato: le truppe potrebbero essere dispiegate soltanto su incarico diretto dell’Onu, garanzia indispensabile per assicurare la legittimità dell’operazione.

Le stesse fonti sottolineano che non si tratterebbe di un sostegno unilaterale, ma di un’azione multilaterale con il consenso delle parti coinvolte. Questa posizione conferma la strategia cinese di presentarsi come attore equilibrato, capace di muoversi tra i blocchi senza esporsi in modo eccessivo né verso la Russia né verso l’Unione Europea.

Una mossa dal forte impatto diplomatico

L’eventuale dispiegamento di forze di peacekeeping a Kiev rappresenterebbe un segnale importante anche per l’Onu, che negli ultimi anni ha visto diminuire la propria capacità di intervento in scenari di guerra complessi. Il contributo della Cina, membro permanente del Consiglio di Sicurezza, potrebbe ridare centralità all’organizzazione internazionale e aprire spiragli per un possibile negoziato.

Resta tuttavia da capire se le condizioni politiche e diplomatiche consentiranno davvero di tradurre in realtà questa disponibilità. Al momento, infatti, si tratta di un’ipotesi che necessita del via libera delle istituzioni internazionali e del consenso delle potenze direttamente coinvolte nel conflitto.

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