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Bandiera della Palestina sull’altare: il gesto di Don Vitaliano divide i fedeli

Pubblicato: 25/08/2025 17:01

Nella piccola comunità di Capocastello, una frazione di Mercogliano in provincia di Avellino, la chiesa dei Santi Pietro e Paolo è diventata il teatro di un gesto simbolico che ha attirato l’attenzione ben oltre i confini locali. L’artefice di questa iniziativa è don Vitaliano Della Sala, un parroco noto per le sue posizioni decise e il suo attivismo sociale, che ha voluto portare al centro del dibattito, e letteralmente sull’altare, la questione del conflitto israelo-palestinese.

La sua azione, che ha visto l’esposizione di una grande bandiera della Palestina e la pronuncia di un’omelia appassionata e incisiva, si inserisce in un contesto di profonda riflessione e solleva interrogativi importanti sul ruolo della Chiesa e dei suoi ministri di fronte alle tragedie contemporanee.

La bandiera della Palestina sull’altare e l’omelia sul “genocidio”

Il gesto di don Vitaliano è tanto semplice quanto potente: una grande bandiera palestinese posizionata sull’altare, a dominare l’intero spazio sacro. Questo atto non è stato una scelta casuale, ma il risultato di una profonda meditazione, come lo stesso parroco ha avuto modo di spiegare. L’iniziativa mirava a richiamare l’attenzione dei fedeli, e non solo, su un tema che spesso viene percepito come lontano o eccessivamente complesso. Per don Vitaliano, si è trattato di un atto necessario per sottolineare l’importanza dell’opinione pubblica nel sostenere i diritti del popolo palestinese.

Il parroco non ha nascosto le sue preoccupazioni di essere frainteso e di essere accusato di antisemitismo, un rischio che, in un dibattito così polarizzato, è sempre presente. Tuttavia, ha ribadito con forza la sua posizione, sottolineando la sua profonda vicinanza alla storia del popolo ebraico e il dolore provato visitando luoghi come Auschwitz. È proprio da questa consapevolezza che scaturisce la sua domanda più radicale: come può un popolo che ha subito un genocidio farsi, a sua volta, protagonista di una politica così violenta e disumana? La bandiera, quindi, non è solo un simbolo nazionale, ma un grido di dolore e un appello alla coscienza collettiva contro ciò che don Vitaliano definisce un “gioco al massacro” e contro le immagini terribili che scuotono le coscienze.

La reazione dei fedeli e la giustificazione teologica

L’iniziativa, pur essendo forte e diretta, sembra non aver colto di sorpresa i parrocchiani di Capocastello, abituati alle posizioni non convenzionali del loro parroco. La comunità locale ha mostrato, per lo più, apprezzamento per il gesto, riconoscendone il valore simbolico e la sua coerenza con il messaggio di un pastore che ha sempre cercato di interpretare il Vangelo in chiave moderna e impegnata. Don Vitaliano ha spiegato che la sua scelta è stata accolta con comprensione, e le poche richieste di chiarimento sono state facilmente risolte. Un punto cruciale è stato chiarire che la bandiera esposta era quella della Palestina, non certo quella di Hamas, sottolineando la distinzione fondamentale tra il popolo e le sue aspirazioni di libertà e il gruppo politico-militare.

La giustificazione di questa posizione non è stata solo politica o etica, ma anche profondamente teologica. Nella sua omelia, don Vitaliano ha preso spunto dal Vangelo della giornata per tracciare un parallelo tra la mentalità chiusa degli ebrei che si scagliavano contro i pagani, denunciata da Gesù stesso, e l’atteggiamento di Israele nei confronti dei palestinesi. Ha citato le parole di Papa Leone per condannare l’uso della fame come arma di guerra e la politica di spostamento forzato di un intero popolo. Con forza e senza mezzi termini, ha definito la politica di Netanyahu “disumana”, un giudizio che sottolinea la profonda distanza tra le azioni del governo israeliano e i principi di umanità e giustizia che, a suo dire, dovrebbero guidare le azioni di ogni nazione.

Il ruolo del parroco e la scelta di schierarsi

Il gesto di don Vitaliano Della Sala non è un caso isolato. La sua parrocchia, lo scorso dicembre, aveva già fatto discutere per un presepe artistico che raffigurava due madri nella capanna, un messaggio esplicito a favore della diversità e dell’inclusione. Queste iniziative mostrano una coerenza di fondo nella sua missione pastorale, che vede nel coinvolgimento sociale e nella presa di posizione un aspetto ineludibile della fede. Il parroco stesso conclude il suo pensiero con una frase che ne riassume l’intero operato: “Io credo che occorra sempre schierarsi e che mettersi dalla parte delle vittime sia un atto quanto mai necessario”.

Questa affermazione è il cuore del suo messaggio. In un mondo complesso, fatto di conflitti e ingiustizie, don Vitaliano ritiene che la Chiesa e i suoi ministri non possano rimanere neutrali. La neutralità, in alcuni casi, può essere interpretata come complicità. Pertanto, il gesto di esporre la bandiera palestinese e di parlare di genocidio non è un atto politico in senso stretto, ma un atto di fede che si traduce in un impegno etico in difesa degli oppressi. La sua azione rappresenta un esempio di come la fede possa diventare un motore di cambiamento e di denuncia, spingendo i credenti a riflettere criticamente sul mondo che li circonda e a non avere paura di prendere posizione.

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