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“Non è stato il taser”. Gianpiero Demartis, svolta clamorosa: ecco cosa ha davvero causato la morte

Pubblicato: 25/08/2025 15:29

L’esito dell’autopsia sul corpo di Gianpiero Demartis, un uomo di 57 anni il cui decesso è avvenuto a seguito di un concitato intervento dei carabinieri a Olbia, ha svelato dettagli cruciali che ribaltano le iniziali ipotesi riguardo la causa della sua morte. Contrariamente a quanto suggerito da una prima, superficiale valutazione, non è stata la scarica elettrica del taser a causare il decesso, ma una complessa concatenazione di fattori medici preesistenti e acuti.

Il consulente della Procura di Tempio Pausania ha fornito un quadro clinico chiaro e sconfortante: la causa principale del decesso è uno scompenso cardiaco in cardiopatia ischemica, un quadro clinico aggravato dalla presenza di uno stent coronarico. Questa rivelazione solleva importanti riflessioni non solo sul singolo evento, ma anche sulle procedure di intervento, sull’uso di strumenti di contenimento come il taser e sulle dinamiche che regolano il rapporto tra forze dell’ordine e cittadini in stato di alterazione.

La complessità del quadro clinico

Il referto autoptico va ben oltre il semplice sconvolgimento cardiaco. Il dottor Salvatore Lorenzoni, consulente della procura, ha evidenziato una serie di concause che hanno contribuito alla tragica fine di Demartis. Tra queste, spicca l’assunzione di sostanze stupefacenti, la cui natura esatta sarà definita dagli imminenti esami tossicologici. L’uso di droghe, infatti, può scatenare reazioni fisiologiche estreme, come un marcato innalzamento della pressione arteriosa e uno stato di agitazione psicomotoria, che a loro volta possono sovraccaricare un sistema cardiovascolare già compromesso. Il medico legale ha inoltre rilevato un’emorragia subaracnoidea e un edema cerebrale, condizioni potenzialmente letali.

Questi due elementi, secondo il consulente, sono imputabili sia a un trauma cranico subito durante il tentativo di immobilizzazione, sia al rialzo pressorio. Il quadro che emerge è quello di un uomo con un corpo già fragile a causa di patologie preesistenti, il cui decesso è stato accelerato da una tempesta perfetta di fattori: la patologia cardiaca, l’assunzione di droga, lo stato di agitazione e le conseguenze fisiche dello scontro. È un promemoria agghiacciante di quanto possano essere delicate e rischiose le situazioni di crisi, specialmente quando coinvolgono individui in condizioni di salute precarie.

Le conseguenze legali e il ruolo delle forze dell’ordine

Il decesso di Demartis ha avuto immediate ripercussioni sul piano legale, con l’iscrizione nel registro degli indagati dei due carabinieri intervenuti. Questo è un atto dovuto, necessario a garantire che tutte le dinamiche dell’accaduto vengano investigate senza lasciare zone d’ombra. I militari, difesi dal sindacato indipendente carabinieri (Sic), hanno affrontato l’autopsia assistiti da un loro consulente di parte, il dottor Francesco Serra. L’assenza di un consulente nominato dalla famiglia della vittima è un dettaglio significativo, che potrebbe indicare un’iniziale accettazione delle risultanze emerse o una scelta strategica dettata da altre considerazioni. L’iscrizione nel registro degli indagati non implica una colpevolezza automatica, ma permette agli investigatori di compiere tutti gli accertamenti necessari in un quadro di piena trasparenza e rispetto dei diritti degli indagati. La magistratura dovrà ora valutare se l’uso del taser, pur non essendo la causa diretta della morte, sia stato appropriato e conforme ai protocolli in una situazione di tale complessità e rischio.

Il dibattito sul taser e l’equipaggiamento dei militari

Parallelamente all’indagine, il caso Demartis ha riacceso il dibattito sull’equipaggiamento delle forze dell’ordine e sull’uso di armi non letali come il taser. Il sindacato Sic ha colto l’occasione per richiedere una revisione della dotazione nazionale, auspicando l’adozione di modelli più avanzati, come l’X10, in aggiunta o in sostituzione dell’attuale X2. Questa richiesta sottolinea la necessità per gli operatori di avere a disposizione gli strumenti più efficaci e sicuri possibili per gestire situazioni di elevata pericolosità. L’uso del taser è spesso visto come un’alternativa meno invasiva rispetto all’arma da fuoco, ma anche questo strumento richiede una formazione specifica e una valutazione attenta del contesto. I sindacati hanno inoltre espresso una ferma presa di posizione contro ogni tentativo di delegittimare le forze di polizia, sottolineando il ruolo cruciale che esse svolgono nella tutela della Costituzione e della convivenza civile. L’episodio di Olbia evidenzia l’urgente necessità di un aggiornamento normativo e di una riflessione profonda sui protocolli d’intervento, affinché gli strumenti a disposizione dei militari siano sempre all’altezza delle sfide che devono affrontare, tutelando sia i cittadini che gli agenti stessi.

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