
La capitale degli Stati Uniti sta vivendo un momento di forte tensione dopo la decisione dell’amministrazione Trump di autorizzare la Guardia nazionale a portare armi da fuoco. Si tratta di una svolta significativa rispetto al passato, quando i militari erano disarmati e svolgevano soltanto funzioni di supporto alle forze dell’ordine locali.
La direttiva, firmata dal segretario alla Difesa Pete Hegseth, consente alle oltre duemila truppe dispiegate a Washington di utilizzare le armi esclusivamente per autodifesa. Secondo fonti del Dipartimento della Difesa, non tutte le unità saranno armate: pistole e fucili verranno consegnati soltanto a chi è impiegato in missioni di pattugliamento e sicurezza, mentre il personale amministrativo e di supporto ai trasporti resterà privo di equipaggiamento letale.
Le polemiche sulla militarizzazione della capitale

La Casa Bianca ha spiegato che la Guardia nazionale non avrà poteri di arresto, ma sarà concentrata sulla protezione dei beni federali e sull’incolumità degli agenti impegnati nelle operazioni di sicurezza. Tuttavia, la scelta di Trump ha alimentato forti proteste a Washington, dove commercianti e residenti lamentano un clima da città blindata e un calo drastico delle attività economiche.
Il presidente ha definito la capitale un “buco infestato dal crimine” e ha posto la polizia locale sotto il controllo federale, scatenando la reazione della sindaca Muriel Bowser. Quest’ultima ha replicato con i dati ufficiali, secondo i quali i reati sono ai minimi storici degli ultimi trent’anni, contraddicendo la narrativa dell’amministrazione. Nonostante ciò, la presenza dei soldati armati è ormai visibile anche nelle aree turistiche, tradizionalmente considerate sicure.
L’ipotesi di un intervento anche a Chicago

Secondo il Washington Post, la Casa Bianca starebbe valutando misure simili per Chicago. Il sindaco democratico Brandon Johnson ha già bollato l’ipotesi come “illegittima” e “non coordinata”, avvertendo che un dispiegamento forzato della Guardia nazionale rischierebbe di esasperare le tensioni con la popolazione. Johnson ha inoltre ricordato che nella città, nell’ultimo anno, omicidi e rapine sono diminuiti in maniera significativa.
Le parole di Trump: “Non sono un dittatore”
Di fronte alle critiche, Trump ha scelto la linea dell’attacco. Durante una conferenza stampa alla Casa Bianca ha ammesso di essere accusato di autoritarismo, ma ha rilanciato: “Mi attaccano dicendo che voglio fare il dittatore, ma ci sono persone che dicono: ‘Forse ci piacerebbe un dittatore’. Io non sono un dittatore, sono un uomo di buon senso e una persona intelligente”.
Il presidente ha concluso ribadendo di non voler arretrare: “Quando vedo cosa è successo alle nostre città mando le truppe. Invece di ringraziarmi, mi accusano di voler prendere il controllo della Repubblica. Queste persone sono malate”.