
Il 2024 si è rivelato un anno finanziariamente difficile per la Lega, che ha chiuso il bilancio con un saldo negativo di 700 mila euro. Questa sofferenza economica non è un evento isolato, ma il risultato di una situazione pregressa estremamente complessa. Il partito, infatti, è ancora gravato dalla sentenza che ha condannato la “vecchia” Lega a restituire allo Stato una cifra ingente: i 49 milioni di euro di fondi elettorali, utilizzati impropriamente dai vertici del partito durante l’epoca della leadership di Umberto Bossi per affari di natura privata.
Per adempiere a questa condanna, la formazione politica guidata da Matteo Salvini è costretta a versare ogni due mesi una rata di 100 mila euro su un conto vincolato, un impegno che erode significativamente le sue già provate risorse finanziarie.
La questione dei finanziamenti interni
Il sistema di finanziamento dei partiti politici in Italia, e la Lega non fa eccezione, si basa su diverse fonti. Una parte significativa deriva dai rimborsi pubblici destinati ai gruppi parlamentari, calcolati in base al numero di deputati e senatori. A questi si aggiungono i contributi volontari e regolamentati che ogni eletto si impegna a versare su base mensile, in base agli accordi siglati prima della propria elezione. Infine, vi sono i versamenti da parte di soggetti privati, che devono essere tracciati e non possono superare il tetto annuo di 100 mila euro. Le norme interne alla Lega stabiliscono che gli eletti al Parlamento italiano debbano versare 3 mila euro al mese, mentre gli eurodeputati di Bruxelles sono tenuti a contribuire con una quota di 2 mila euro mensili. Questi contributi rappresentano un pilastro fondamentale per la gestione finanziaria quotidiana del partito e per il sostegno alle sue attività politiche.

Il caso Roberto Vannacci
In questo scenario di difficoltà finanziaria e di regole precise, emerge la figura di Roberto Vannacci. Il generale (in pensione) è stato eletto eurodeputato nel giugno 2024 e, nel maggio 2025, è stato persino nominato vicesegretario del partito da Matteo Salvini, acquisendo quindi un ruolo di primo piano all’interno della dirigenza del Carroccio. Nonostante la sua posizione e gli accordi che ogni eletto è tenuto a rispettare, il nome di Roberto Vannacci non figura nell’elenco dei contribuenti sul sito della Camera. Ciò significa che l’eurodeputato non ha mai versato la sua quota di sostegno al partito, né da semplice europarlamentare, né dopo la sua promozione a vicesegretario. Questo comportamento, in un momento di grave sofferenza economica per la Lega, ha sollevato forti malumori e crescenti tensioni interne, in particolare tra gli eletti “storici” che rispettano regolarmente i propri impegni finanziari. La domanda che si diffonde tra i membri del partito è diventata sempre più insistente: «Perché noi paghiamo tutti e lui no?».
La risposta del vicesegretario
Interrogato direttamente da “Il Fatto Quotidiano” in merito alla questione dei mancati versamenti, Roberto Vannacci ha liquidato la vicenda in maniera piuttosto evasiva. Ha sostenuto che si tratta di una “questione che riguarda me, Salvini e la Lega”, negando di fatto la sua natura pubblica, nonostante il finanziamento dei partiti sia un tema di interesse generale. Ha poi aggiunto di avere una sua organizzazione, denominata “Il mondo al contrario“, il che ha portato a ipotizzare che i fondi destinati al partito siano invece convogliati verso questa entità. A questa esplicita domanda del giornalista, Vannacci ha risposto in modo sbrigativo e sprezzante, affermando che le erogazioni sono “liberali” e che il loro nome stesso ne suggerisce la natura facoltativa, un’interpretazione che si scontra palesemente con le regole interne della Lega a cui gli eletti aderiscono. La sua risposta, “Arrivederci”, ha chiuso bruscamente la conversazione, senza fornire ulteriori chiarimenti, lasciando la situazione irrisolta e i dubbi irrisolti all’interno del partito.