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Morte piccola Diana, la nuova perizia shock su Alessia Pifferi: cosa è stato scoperto

Pubblicato: 26/08/2025 13:10

Il caso di Alessia Pifferi ha scosso l’opinione pubblica italiana per la sua straziante gravità. La vicenda ha avuto inizio nel luglio 2022, quando la piccola Diana, di meno di un anno e mezzo, è stata ritrovata morta nella casa in cui era stata lasciata sola per quasi una settimana. L’abbandono da parte della madre, Alessia Pifferi, è stato all’origine della sua morte per stenti.

Questa tragedia ha dato il via a un processo giudiziario complesso, che ha cercato di fare luce non solo sulle circostanze della morte della bambina, ma anche sulle condizioni psicologiche della madre. Il primo grado del processo ha condannato la donna all’ergastolo per omicidio volontario aggravato, e ora la Corte d’Assise d’appello si è pronunciata a seguito di una nuova perizia psichiatrica.

Il secondo accertamento psichiatrico

Il nuovo accertamento psichiatrico rappresenta un passaggio fondamentale in un processo già segnato da forti emozioni e complesse dinamiche giuridiche. Su richiesta della difesa, che cercava un’ulteriore valutazione per contestare la sentenza di primo grado, la Corte d’Assise d’appello ha affidato il compito a un collegio di tre esperti. L’obiettivo era esaminare nuovamente la capacità di intendere e di volere di Alessia Pifferi, tenendo conto di tutti gli elementi disponibili.

La perizia ha confermato in modo inequivocabile che la donna, all’epoca dei fatti, era in pieno possesso delle sue facoltà mentali. Questo risultato è il frutto di un’analisi meticolosa che non si è limitata a una semplice ripetizione dei test psicodiagnostici già effettuati, ma ha incluso una valutazione più ampia e retrospettiva della sua vita e della sua storia clinica. La conferma del dato è di particolare rilevanza, poiché riduce significativamente gli spazi di manovra per una linea difensiva che puntasse sull’infermità mentale come attenuante o giustificazione.

I disegni e il test blacky picture

Tra i documenti analizzati dai periti, un ruolo di particolare interesse è stato giocato dai disegni realizzati da Alessia Pifferi quando era solo una bambina di sei anni. Questi materiali, precedentemente conservati nel reparto di neuropsichiatria infantile del Policlinico di Milano, sono stati riportati alla luce per fornire un ulteriore spaccato sulla sua infanzia. L’analisi di tali disegni, insieme al cosiddetto Blacky picture test, ha permesso agli esperti di indagare su eventuali traumi subiti in tenera età, in particolare sospetti di abusi sessuali. Questo test psicodiagnostico proiettivo è specificamente progettato per esplorare le dinamiche inconsce e i conflitti infantili.

La scelta di includere questi materiali nel nuovo accertamento dimostra l’intenzione dei periti di non lasciare nulla di intentato, esplorando ogni possibile via che potesse gettare luce sulle motivazioni e la condizione psicologica di Alessia Pifferi. Tuttavia, l’esito finale della perizia, che ribadisce la piena capacità di intendere e di volere, suggerisce che anche l’analisi di questi elementi non ha rilevato una patologia tale da compromettere la sua responsabilità penale.

La conferma della capacità di intendere e volere

La nuova perizia psichiatrica non si è limitata a riesaminare i vecchi documenti, ma ha anche nuovamente effettuato i test psicodiagnostici che nel primo grado avevano già stabilito la capacità di intendere e di volere di Pifferi. Il risultato, ancora una volta, ha confermato il quadro già emerso. Questo doppio accertamento rafforza la validità delle conclusioni raggiunte e ne accresce il peso probatorio nel processo d’appello.

La perizia descrive una donna che, sebbene possa presentare fragilità emotive o disturbi della personalità, non soffre di una patologia psichiatrica grave che la renda incapace di comprendere la portata delle proprie azioni. L’abbandono di Diana non è stato quindi il gesto di una mente malata e inconsapevole, ma una scelta volontaria e lucida, le cui motivazioni, pur restando orribili, non possono essere attribuite a un vizio di mente. La conferma della piena capacità di intendere e volere è l’elemento centrale che guida il percorso giudiziario verso la ratifica della condanna.

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