
Il ministro degli Esteri Antonio Tajani ha raffreddato le aspettative su una possibile chiusura rapida del conflitto in Ucraina. In televisione ha spiegato che arrivare alla pace entro quest’anno “è difficile”, sottolineando che “almeno fino a fine anno” non se ne parla. Un messaggio netto, che sposta l’orizzonte temporale oltre i prossimi mesi e ribadisce come la guerra resti destinata a prolungarsi.
La posizione italiana e le prospettive
Non si tratta di un cambio di rotta, ma della conferma di una linea già chiara: l’Italia sostiene Kiev ma non intende inviare truppe sul campo, limitando il contributo alle forniture concordate con gli alleati e a interventi tecnico-umanitari come lo sminamento, che sarà possibile solo dopo la fine delle ostilità. Tajani ha inoltre richiamato l’importanza di costruire un sistema di garanzie di sicurezza per l’Ucraina, ispirato a un modello collettivo che richiami quello dell’Alleanza Atlantica.

Il significato politico delle parole di Tajani
Quando il ministro parla di “almeno fine anno” non fissa una data, ma segna un confine minimo di realismo. È un invito a programmare aiuti, bilanci e strategie con un orizzonte lungo, senza vendere illusioni di una tregua imminente. Il significato è duplice: verso l’interno, si chiede ai cittadini di prepararsi a una guerra che non finirà a breve; verso l’esterno, si manda un segnale agli alleati perché restino coerenti nel sostegno a Kiev. Solo una scelta politica del Cremlino potrà aprire a negoziati concreti: fino ad allora, la prospettiva di una pace resta lontana.