
«Chiedo scusa per la mia reazione, ma la realtà è diversa da come è stata raccontata. Sono intervenuto per difendere mio figlio e ho tirato solo uno schiaffo all’altro portiere». Con queste parole il 40enne di origine romena, denunciato per aver colpito un baby calciatore di 13 anni, cerca di ricostruire ciò che è avvenuto domenica sera. La sua voce arriva in mezzo a un’ondata di polemiche e indignazione, in una vicenda che ha superato i confini del campo da gioco per finire al centro delle cronache nazionali.
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Al suo fianco anche la moglie, convinta che presto emergerà la verità: «La verità verrà fuori», ha dichiarato, facendo riferimento probabilmente al video dell’aggressione che circola da ore e che mostra la dinamica dell’episodio. Una registrazione che, secondo la famiglia, potrebbe ridimensionare l’accusa di violenza, ma che intanto ha cristallizzato immagini difficili da ignorare.
Il contesto della rissa
L’episodio è avvenuto al termine di una partita del Super Oscar, torneo giovanile molto seguito a Torino e provincia da oltre quarant’anni. Dopo il fischio finale, in campo è esplosa una rissa tra ragazzini: calci e pugni hanno coinvolto i giocatori delle due squadre, Csf Carmagnola Under 14 e Volpiano Pianese. Nel parapiglia il portiere del Carmagnola sarebbe stato aggredito dal rivale e, in pochi secondi, il clima da festa sportiva è degenerato in violenza.
È in quel momento che il padre del portiere del Carmagnola ha perso il controllo, ha scavalcato le recinzioni e si è precipitato sul terreno di gioco, colpendo il 13enne avversario. Una scena che ha scioccato il pubblico presente e che ha richiesto l’intervento degli allenatori e dei dirigenti per riportare la calma.

Le accuse e la difesa legale
L’uomo, oggi indagato, ha deciso di rivolgersi a un’avvocata, Beatrice Rinaudo, che ha cercato di spiegare l’accaduto: «Nulla giustifica il gesto del mio cliente, ma è un papà ed è umano. Ha visto suo figlio, più piccolo dell’altro ragazzo, venire picchiato. Non è giusto che la società avversaria strumentalizzi quanto accaduto per ottenere visibilità o un vantaggio sportivo».
Intanto il 40enne è finito nel mirino non solo delle indagini penali, ma anche della condanna mediatica. Sui social ha iniziato a ricevere messaggi carichi d’odio, persino con minacce di morte. «Il mio assistito è molto dispiaciuto per la piega che hanno preso le cose – ha sottolineato la legale – e si trova in grande difficoltà a livello personale e familiare».

Il racconto di Thomas
La vittima si chiama Thomas, ha 13 anni ed è il portiere del Volpiano Pianese. Domenica sera, dopo essere stato aggredito dal padre dell’avversario, è finito in ospedale con conseguenze serie: frattura al malleolo della gamba sinistra, trauma distrattivo al rachide cervicale e diverse contusioni.
«Sto iniziando a riprendermi, ma non riesco a capire perché quell’uomo sia entrato in campo», racconta il ragazzo. «Se mio padre fosse stato al suo posto, non avrebbe mai picchiato un ragazzino. In quel momento non ho avuto paura, ero soprattutto stupito: non mi aspettavo un gesto del genere da un adulto».
Le parole della famiglia della vittima
Accanto a Thomas ci sono i suoi genitori, Veronica e Angelo, che cercano di dargli la forza per superare quanto accaduto. «La cosa più importante è che nostro figlio sia a casa con noi», spiega la madre. «È molto provato e deve ancora metabolizzare tutto. Le sue prime parole? Ha chiesto al padre se avrebbe mai fatto una cosa simile. Mio marito lo ha stretto in un abbraccio: a volte in queste situazioni non servono tante parole».
La donna ha raccontato di aver assistito all’aggressione in diretta streaming dal telefono. «Quando ho visto quell’uomo colpire mio figlio mi sono sentita morire. Ho preso l’auto e mi sono precipitata a Collegno. Vederlo a terra mi ha fatto pensare al peggio, ho temuto di non rivederlo più».
Le conseguenze e il percorso di recupero
Nei giorni successivi, il ragazzo ha affrontato visite e cure all’ospedale Martini. Una psicologa lo sta seguendo per aiutarlo a elaborare l’accaduto. «Quello che è successo è follia», ribadisce la madre. «Siamo consapevoli che poteva andare molto peggio, e ci sentiamo fortunati che Thomas sia a casa. Ma sarà dura andare oltre. Gesti del genere non dovrebbero mai accadere, soprattutto su un campo dove giocano ragazzini».
Nonostante tutto, il 13enne non ha perso la voglia di tornare in porta. Un messaggio speciale è arrivato anche da Dino Zoff, leggenda del calcio italiano, che lo ha incoraggiato a non mollare. «Thomas è stato felice di riceverlo – racconta la mamma – e ha detto con serenità che continuerà a lottare. Vuole lavorare sulla parte psicologica e non farsi togliere la passione per il calcio. Per lui, il calcio resta la vita».