
La vicenda del neonato trovato senza vita nella culletta termica della parrocchia di San Giovanni Battista a Bari torna davanti alla magistratura. La Procura del capoluogo pugliese ha infatti chiesto il rinvio a giudizio per don Antonio Ruccia, parroco della chiesa, e per Vincenzo Nanocchio, il tecnico che aveva effettuato l’ultima manutenzione sull’apparecchiatura. L’accusa nei loro confronti è di omicidio colposo.
Secondo quanto ricostruito dagli inquirenti, il piccolo, di appena poche settimane, era stato lasciato vivo all’interno dell’incubatrice il 2 gennaio scorso, ma l’apparecchio non sarebbe stato sicuro al cento per cento. L’autopsia aveva rivelato che il bimbo era morto per ipotermia, segno che la culletta non aveva garantito la protezione necessaria dal freddo.
Le indagini e le accuse

Il procuratore aggiunto Ciro Angelillis e la pm Angela Morea hanno contestato ai due indagati di non aver garantito il corretto funzionamento del dispositivo. Sul fronte parallelo, resta aperta anche un’altra indagine per abbandono di minore, finalizzata a identificare la madre o le persone che avevano collocato il neonato all’interno della struttura.
La scoperta del corpo aveva scosso profondamente la comunità barese, che si era stretta in un dolore collettivo con messaggi e fiori deposti davanti alla parrocchia. Al funerale, celebrato lo scorso gennaio, il piccolo era stato salutato con il nome simbolico di “Angelo”, ma il parroco indagato non era presente alla cerimonia.
L’udienza a ottobre
Secondo la Procura, l’apparecchiatura utilizzata in parrocchia non era idonea a garantire la sicurezza necessaria in situazioni simili. Per questo motivo il giudice dell’udienza preliminare discuterà il caso il prossimo 23 ottobre, decidendo se disporre o meno il processo a carico del sacerdote e del tecnico.
La tragedia di Bari resta ancora avvolta da interrogativi: da un lato, la responsabilità di chi avrebbe dovuto assicurarsi del corretto funzionamento dell’incubatrice; dall’altro, la ricerca della madre del neonato, tuttora senza volto né nome, ma al centro di un’indagine che non si è ancora conclusa.