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“Armani veste la moglie, Versace…”. Donatella rompe il silenzio, sono lacrime: ha chiuso un cerchio

Pubblicato: 04/09/2025 18:06

La scomparsa di Giorgio Armani ha scosso profondamente il mondo della moda internazionale. Tra i tanti messaggi di cordoglio, quello di Donatella Versace è arrivato come segno di rispetto verso un collega che, pur distante nello stile e nelle visioni, ha segnato in modo indelebile la storia del made in Italy. «Il mondo ha perso un gigante», ha dichiarato la direttrice creativa della maison fondata dal fratello Gianni.

Un messaggio breve ma denso di significato, che sembra quasi voler chiudere un capitolo fatto non tanto di rapporti personali, quanto di una rivalità silenziosa, nutrita da decenni di differenze estetiche e filosofiche.

Stima professionale, ma nessuna amicizia

Negli ambienti della moda era noto come tra Armani e i Versace non ci fosse mai stato un vero rapporto di amicizia o collaborazione. Nessun evento condiviso, nessuna collezione incrociata, nessuna sinergia pubblica. Eppure, il confronto tra le due maison è stato costante, quasi inevitabile.

Lo stesso Armani aveva raccontato un episodio emblematico, legato a una frase attribuita a Gianni Versace e rimasta celebre per la sua crudezza: «I dress sluts. You dress church ladies» (“Io vesto le prostitute, tu vesti le donne di chiesa”). Una battuta che Giorgio Armani aveva ricordato più volte, spiegando come sintetizzasse bene la distanza tra due mondi. Secondo i racconti, Donatella non prese affatto bene quell’uscita, definendola «estremamente rude e senza gusto», soprattutto perché legata al ricordo del fratello Gianni, scomparso tragicamente nel 1997.

Armani veste la moglie, Versace l’amante

Con il passare degli anni, quel dualismo è diventato quasi un simbolo, ripetuto e interpretato da giornalisti e critici di moda: Armani veste la moglie, Versace l’amante. Una frase che racchiude l’essenza di due filosofie agli antipodi: la sobrietà contro la provocazione, il rigore contro l’eccesso, la disciplina contro l’edonismo.

Armani ha costruito il suo impero sull’idea di un’eleganza sobria, essenziale, destinata a durare nel tempo. Le sue giacche destrutturate, i colori neutri, i tagli lineari sono diventati un linguaggio universale di raffinatezza. Versace, al contrario, ha fatto della sensualità e dell’esuberanza il proprio tratto distintivo, con stampe audaci, colori sgargianti e abiti che celebrano il corpo e l’eccesso. Due visioni parallele, spesso in contrapposizione, ma entrambe fondamentali per definire l’identità della moda italiana a livello globale.

Un confronto ideologico più che personale

Nonostante i contrasti, Armani e Versace hanno rappresentato due facce della stessa medaglia. Non erano legati da affetto o amicizia, ma dal confronto continuo che la loro grandezza imponeva. In fondo, la moda vive anche di dialettica, di tensioni creative, e il dialogo a distanza tra sobrietà e provocazione ha contribuito a dare al made in Italy un’eccezionale ricchezza di linguaggi.

Le parole di Donatella, oggi, vanno quindi lette non solo come un tributo personale, ma come il riconoscimento a un collega che, pur lontano dalla visione Versace, ha incarnato un modello unico e irripetibile. Armani era l’altra metà di quel racconto, e senza di lui la moda mondiale perde non soltanto un genio, ma anche un termine di paragone fondamentale.

In questo senso, la frase di Donatella suona come la chiusura di un cerchio: «Il mondo ha perso un gigante». Un gigante diverso, distante, ma inevitabilmente speculare.

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Ultimo Aggiornamento: 04/09/2025 18:07

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