
Con infinito cordoglio – si legge in una nota – il gruppo Armani annuncia la scomparsa del suo ideatore, fondatore e instancabile motore. Con la morte di Giorgio Armani si chiude un capitolo irripetibile della moda italiana, ma resta aperta la domanda: chi guiderà l’impero da lui costruito in cinquant’anni di carriera?
Lo stilista aveva già dato alcune indicazioni. In un’intervista al Corriere aveva spiegato che la successione «sarà graduale, senza rotture», e che non ci sarebbe stato un unico erede, ma una struttura di continuità, da lui stesso disegnata per garantire l’indipendenza del marchio. «Ho costruito una specie di struttura, di progetto, di protocollo che dovrebbe essere seguito da chi verrà dopo di me in questa avventura», aveva dichiarato. L’eredità, quella più “terrena” e tangibile dei brutali numeri che ci dicono quanto vale il patrimonio: il range è tra gli 11 e i 13 miliardi, 11,5 secondo Forbes. Ma le classifiche lasciano il tempo che trovano perché il gruppo Armani con i suoi 8.700 dipendenti e 2,4 miliardi di fatturato non è quotato in Borsa e dunque non c’è un riscontro diretto di mercato.

Leo Dell’Orco e Silvana Armani
Tra le figure centrali individuate dallo stilista ci sono Leo Dell’Orco, compagno di vita e di lavoro, da anni al suo fianco non solo nella sfera privata ma anche nelle scelte strategiche, e Silvana Armani, nipote di Giorgio, coinvolta da tempo nell’azienda. Intorno a loro, una squadra di manager di fiducia che negli anni ha contribuito a consolidare il marchio a livello mondiale.
Armani ha sempre respinto l’ipotesi di cedere il suo gruppo ai colossi francesi del lusso: «Chi vende non è più suo», aveva detto. La sua volontà è che l’azienda resti indipendente, con radici saldamente italiane, portata avanti dalle persone cresciute nella sua visione e nella sua disciplina.
Un impero globale e familiare
Fondata nel 1975, la maison Armani è diventata un colosso del lusso con oltre 9.000 dipendenti e attività che spaziano dall’abbigliamento all’arredamento, fino all’hôtellerie. Lo stilista ha sempre mantenuto il controllo del gruppo, scegliendo di non quotarlo in Borsa né di cederlo a gruppi stranieri.
La sua idea di successione riflette la filosofia che lo ha guidato per tutta la vita: sobrietà, rigore e continuità. Non una rottura netta, ma un passaggio di testimone graduale, per garantire che la maison resti fedele all’eleganza senza tempo che ha reso Armani il “re della moda italiana”.
Con la sua scomparsa, si apre dunque una nuova fase. Ma la strada tracciata da Giorgio Armani è chiara: il futuro del suo impero sarà nelle mani della sua famiglia e dei collaboratori più fidati, nel segno della continuità e dell’indipendenza.