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Ventisei Paesi pronti a difendere Kiev. Trump alza la pressione sull’Europa: “Stop al petrolio russo”

Pubblicato: 05/09/2025 06:52

Il vertice di Parigi ha mostrato con chiarezza il salto politico che l’Europa è chiamata a compiere nella difesa di Kiev. Emmanuel Macron ha portato a casa l’adesione di ventisei Paesi a una coalizione multinazionale che, una volta raggiunto un cessate il fuoco, dovrà garantire la sicurezza dell’Ucraina su “terra, mare e aria”. Non una forza di guerra, ha voluto precisare, ma un presidio destinato a evitare che Mosca approfitti della tregua per rilanciare l’offensiva. Macron, accanto a Volodymyr Zelensky, ha promesso che l’appoggio Usa sarà formalizzato “nei prossimi giorni”, pur ammettendo che la telefonata con la Casa Bianca è stata segnata da tensioni.

Donald Trump, collegato da Washington, ha ribadito una linea di pressione sull’Europa: lo stop immediato all’acquisto di petrolio russo. Una richiesta che va al cuore della strategia americana. Per il presidente Usa, l’indipendenza energetica europea è condizione preliminare per ogni garanzia di sicurezza. È un messaggio che sposta l’asse del confronto: non basta schierare truppe, serve tagliare i flussi economici che tengono in vita il regime di Vladimir Putin.

Europa divisa sul nodo energetico e militare

La presenza a Parigi di Steve Witkoff, inviato speciale di Trump, è stata interpretata come segnale di coinvolgimento diretto, ma la strategia americana resta volutamente ambigua. Washington non scioglie il nodo del dispiegamento delle proprie forze, e intanto impone all’Europa il compito di farsi carico dei costi più pesanti. Da qui la frustrazione di diversi leader: gli Stati Uniti offrono un “paracadute di sicurezza”, ma chiedono che siano Germania, Italia, Polonia e i partner più riluttanti a spingersi oltre i limiti sinora accettati.

Il fronte europeo resta spaccato. Francia, Regno Unito e Paesi baltici si dicono pronti a mettere boots on the ground quando il conflitto rallenterà. Berlino, Roma e Varsavia preferiscono rimanere su logistica, addestramento e supporto industriale. Ma il nodo più delicato resta quello energetico: mentre Bruxelles ha ridotto la dipendenza dal gas, alcuni Paesi – in particolare Slovacchia e Ungheria – continuano ad acquistare greggio russo. È il punto su cui Trump ha alzato la voce, trasformando la telefonata con gli alleati in uno scontro politico che Zelensky stesso ha confermato.

La cornice geopolitica: l’unità transatlantica sotto stress

L’unità transatlantica evocata da Ursula von der Leyen e da Pedro Sánchez è quindi più fragile di quanto appaia nei comunicati ufficiali. Perché la coalizione dei ventisei nasce con due vulnerabilità: la prima è la dipendenza da una leadership americana imprevedibile, che alterna promesse di sostegno a richieste unilaterali; la seconda è la difficoltà europea a superare interessi nazionali contrapposti. La stessa Germania ha già fatto sapere che deciderà “a tempo debito” sull’invio di truppe, rinviando una scelta che appare inevitabile se il conflitto dovesse congelarsi in una tregua armata.

Mosca intanto osserva e reagisce con toni minacciosi. Dmitry Medvedev ha parlato apertamente di confisca di beni inglesi, segnalando che la Russia intende rispondere non solo sul piano militare, ma anche economico. La partita si gioca dunque su più tavoli: il rafforzamento dell’esercito ucraino, considerato dagli alleati “la forza più esperta d’Europa”, la tenuta dei mercati energetici e la gestione di un equilibrio diplomatico che rischia di incrinarsi a ogni telefonata tra Trump e gli europei.

La nuova linea americana: condizionare la pace ai sacrifici europei

La vera novità del vertice non è tanto la nascita di una coalizione numerosa, quanto il messaggio politico che la Casa Bianca ha voluto trasmettere. Trump ha fatto capire che l’America non accetterà più di garantire la sicurezza europea a costo zero per gli europei. L’uscita dal petrolio russo diventa il test di credibilità. Senza quel passo, ogni promessa di difesa comune rischia di restare lettera morta.

In altre parole, il leader americano sta trasformando il sostegno a Kiev in una leva per ridisegnare i rapporti di forza con l’Unione. L’Europa è chiamata a scegliere: accettare sacrifici economici immediati, rinunciando a forniture che ancora pesano su bilanci e società, oppure rinunciare al backstop americano e affrontare da sola la minaccia russa. Per questo il vertice di Parigi, più che un successo, somiglia a un banco di prova: la coalizione esiste, ma la sua tenuta dipende dalla capacità europea di rispondere a una domanda che non ammette più rinvii.

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