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Campagna sulla sicurezza, la Lega attacca: polemica sull’immagine della donna col burqa

Pubblicato: 06/09/2025 18:47

Il dibattito politico e le polemiche sulla comunicazione istituzionale non sono nuovi sulla scena italiana, ma il recente scontro tra la Lega e il Comune di Jesi, guidato dal sindaco Lorenzo Fiordelmondo, ha acceso un faro su una questione particolarmente delicata: l’interpretazione dei simboli e il loro impatto nella sfera pubblica.

La contesa è nata da una campagna sulla sicurezza stradale promossa dal comune marchigiano, che ha suscitato la ferma critica del partito di destra, per il quale una delle immagini utilizzate assomiglierebbe a una donna in burqa, simbolo che, a loro dire, tradirebbe i princìpi occidentali e il rispetto per le donne. Questa accusa ha innescato una vivace reazione da parte del sindaco, il quale ha respinto con forza le critiche, definendole pretestuose e fuori luogo, e ribadendo il fine universalistico della campagna.

Le accuse della Lega

Il comunicato ufficiale della Lega non ha lasciato spazio a dubbi: il partito ha accusato il Comune di Jesi, a guida di sinistra, di aver strumentalizzato la nobile causa della sicurezza stradale per rendere omaggio all’Islam. La critica si è concentrata sull’immagine di una sagoma stilizzata che, secondo la loro lettura, rappresenterebbe una persona con il burqa. La Lega ha sostenuto che tale scelta iconografica rappresenterebbe uno schiaffo non solo ai valori di libertà e uguaglianza su cui si fonda la civiltà occidentale, ma anche alla battaglia per il rispetto delle donne.

Il comunicato ha persino chiamato in causa il nome di Matteo Ricci, auspicando una sua presa di distanza dall’iniziativa, arrivando a insinuare, in caso contrario, un’ambizione più vicina a quella di un imam che a quella di un governatore. A chiusura della nota, è stata sollevata la questione dell’eventuale utilizzo di soldi pubblici per quello che è stato definito un “omaggio all’islam”, suggerendo una possibile richiesta di chiarimenti. La posizione della Lega si è quindi configurata come una denuncia di ciò che percepisce come un’eccessiva inclinazione verso il multiculturalismo, a discapito delle tradizioni e dei valori nazionali, in un’ottica di contrasto alle politiche dell’amministrazione locale.

La replica del sindaco

La risposta del sindaco Lorenzo Fiordelmondo non si è fatta attendere e ha mirato a smontare le argomentazioni della Lega, accusandola di aver perso un’altra occasione per tacere. Il primo cittadino ha immediatamente smentito l’interpretazione data all’immagine, spiegando che la campagna “vai piano” è stata lanciata da circa un anno e che le immagini sono sempre state le stesse. Ha descritto l’immagine contestata come quella di una donna con lunghi capelli neri, un cappotto, che spinge un passeggino con all’interno un bambino biondo di carnagione bianca, un’immagine quindi “tutto occidentalizzata”. Il sindaco ha sottolineato che, seppur involontariamente, il fraintendimento ha comunque dimostrato l’efficacia della campagna, poiché ha raggiunto l’obiettivo di richiamare l’attenzione di persone di diverse provenienze culturali. Questo, secondo Fiordelmondo, è un esito positivo perché il fine ultimo della campagna è l’universalità del tema della sicurezza stradale, un valore che riguarda tutti i cittadini, indipendentemente dalla loro origine. Ha poi aggiunto un dettaglio tecnico cruciale: le sagome utilizzate sono di colore bianco proprio per la loro natura di delineazione stilizzata, progettata per rappresentare chiunque e permettere a ogni passante di identificarsi. La scelta del sindaco di non commentare ulteriormente le critiche della Lega, concludendo con l’affermazione che hanno “perso l’ennesima occasione per stare zitti”, ha marcato una netta distanza e una volontà di non alimentare ulteriormente una polemica ritenuta ingiustificata e strumentale.

Analisi della comunicazione e del conflitto

Il conflitto tra la Lega e il Comune di Jesi offre uno spunto interessante per analizzare le dinamiche della comunicazione politica contemporanea. Da un lato, la Lega ha adottato una strategia di framing, inquadrando una semplice campagna di sensibilizzazione come un atto di sottomissione culturale. L’utilizzo di termini come “omaggio all’Islam” e l’accostamento all’immagine del “burqa” sono serviti a mobilitare l’elettorato su temi identitari e a creare un’associazione negativa tra l’amministrazione locale e una presunta perdita di valori occidentali. Questa tecnica, spesso utilizzata nel dibattito pubblico, mira a polarizzare le opinioni e a spostare il focus dalla questione originale, in questo caso la sicurezza stradale, a un terreno di conflitto ideologico.

Dall’altro lato, il sindaco Fiordelmondo ha cercato di riaffermare l’intento originale della campagna, sottolineando la sua natura universalistica e il suo scopo pratico. La sua replica ha puntato a smontare l’accusa punto per punto, fornendo una descrizione dettagliata dell’immagine e spiegando la logica dietro la scelta di sagome stilizzate e neutre. La sua reazione, sebbene dura nel tono finale, ha mirato a ripristinare la veridicità dei fatti e a sottolineare la differenza tra un’interpretazione simbolica e il significato voluto dall’ente promotore. Il sindaco ha trasformato l’attacco in un’opportunità per ribadire l’importanza di un messaggio che trascende le differenze culturali, dimostrando come un tema tecnico e civico come la sicurezza stradale possa diventare terreno di scontro ideologico in un clima politico sempre più teso. Questo episodio illustra la crescente difficoltà nel veicolare messaggi neutri in un contesto in cui ogni simbolo può essere letto attraverso il prisma di appartenenze e ideologie contrapposte.

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